di Roberto Polillo
Dopo l’avvenuta approvazione con voto di
fiducia da parte del Senato, il DL Enti Locali con all’interno il
pacchetto di emendamenti sanità , riforma AIFA e finanziamenti per il
Giubileo è ora atteso martedì dall’aula di Montecitorio per il voto
definitivo. Il provvedimento che recepisce l’intesa Stato - Regioni del
2 luglio, sottoscritta da tutte le regioni con esclusione di Veneto e
Lombardia, introduce una serie di pesanti misure per la sanità e
taglia, da qui agli anni a venire, il già misero Fondo sanitario di 2,3
miliardi l’anno. Nel testo è inoltre contenuto il riordino dell’Aifa,
l’agenzia del farmaco che sarà dotata di nuovi mezzi e personale e il
potenziamento dei pronto soccorso romani per il Giubileo prossimo
venturo.
Il voto del provvedimento che le opposizioni hanno duramente contestato ha visto anche una frattura all’interno dello stesso PD.
Particolarmente significativo lo strappo
della Senatrice Dirindin, capogruppo del PD in Commissione sanità che
ha votato contro il provvedimento e chiesto di essere sollevata
dall’incarico.
Questo il suo giudizio sul DL:
Questo il suo giudizio sul DL:
“Non illudiamoci, nessuna ottimizzazione delle risorse. Nel decreto soprattutto tagli“.
“Innanzitutto quell'intesa è stata sottoscritta il 2 luglio, purtroppo
molto tardi rispetto a quanto era previsto. Essa si sarebbe dovuta
raggiungere molto prima, dal momento che è in attuazione di quanto
previsto dalla legge stabilità per il 2015. Quell'intesa, tanto per
citare una cifra, porta la spesa programmata per il 2015 a meno di 110
miliardi di euro - grosso modo a 109,7 miliardi di euro - quando, in
occasione dell'approvazione della nota di aggiornamento del DEF del
2013, cioè un anno e mezzo fa, avevamo previsto una spesa programmata,
per il 2015, di 115,4 miliardi di euro”.
“In un anno e mezzo abbiamo dunque programmato di tagliare al settore sanitario oltre cinque miliardi di euro di finanziamento. Qualcuno potrebbe dire che ci sono ancora margini di inefficienza nel settore sanitario, che devono essere perseguiti. Siamo tutti d'accordo che sia così e che debbano essere perseguiti fino a quando siamo in grado di farlo. Il problema è un altro dopo tutti i tagli che sono stati fatti e le restrizioni che sono state imposte al servizio sanitario, in questi anni, da molto tempo ……………la spesa pubblica per la sanità in Italia è troppo bassa e mette a rischio la tutela dei cittadini. Spendiamo due punti di PIL in meno di Francia e Germania: su questo siamo sicuramente più virtuosi della Germania”
“In un anno e mezzo abbiamo dunque programmato di tagliare al settore sanitario oltre cinque miliardi di euro di finanziamento. Qualcuno potrebbe dire che ci sono ancora margini di inefficienza nel settore sanitario, che devono essere perseguiti. Siamo tutti d'accordo che sia così e che debbano essere perseguiti fino a quando siamo in grado di farlo. Il problema è un altro dopo tutti i tagli che sono stati fatti e le restrizioni che sono state imposte al servizio sanitario, in questi anni, da molto tempo ……………la spesa pubblica per la sanità in Italia è troppo bassa e mette a rischio la tutela dei cittadini. Spendiamo due punti di PIL in meno di Francia e Germania: su questo siamo sicuramente più virtuosi della Germania”
Di fatto con un tempismo degno della
scuderia di Maranello Renzi ha iniziato a concretizzare il suo piano di
risparmi con cui tentare il colpo grosso della riduzione delle tasse.
Pochi giorni fa la fatwa del premier stesso contro l’eccesso
di tassazione; subito dopo l’intervista alla Repubblica di Yoram
Gutgeld, che del premier è consigliere economico , in cui si fa la
cifra di 10 miliardi di possibili risparmi dalla spending review e pochi
giorni fa la prima bollinatura del Senato in attesa di martedì,
quando la partita sarà chiusa.
E’ difficile immaginare che questa consecutio temporum, giocata
tra media e parlamento, sia figlia del caso e non sia invece il frutto
di una sapiente regia. E del resto è ormai chiaro che da un punto di
vista fenomenologico il renzismo, nonostante le apparenze, è tutto
meno che spontaneismo o improvvisazione. Altrettanto evidente è la
capacità del premier di mettere nei punti chiavi delle istituzioni
uomini a lui fedelissimi come Chiamparino e Fassino che, al dilà di
qualche mugugno di bandiera, hanno accolto in sede di Conferenza Stato
regioni tutti i desiderata del governo che martedì la camera
trasformerà in legge.
Il paradosso della vicenda è che i tagli
del fondo sanitario, ammantati sotto forma di risparmi da realizzare
eliminando prestazioni e ricoveri impropri, posti dirigenziali dei
medici e ricontrattando prezzo dei farmaci delle forniture e dispostivi
medici, avvengono nonostante il centro studi del Senato abbia
sollevato più di un dubbio sulla reale possibilità di successo e
realizzabilità della manovra. Ancora più sconcertante il comportamento
della maggioranza dei Senatori che hanno approvato la manovra,
nonostante l’aula avesse votato poche settimane prima a favore della
relazione della commissione Sanità sulla sostenibilità del SSN, in
cui erano riportate nero su bianco le conseguenze sui livelli di
assistenza del sottofinanziamento crescente della sanità del nostro
paese. Lo stesso Senato solo poco tempo prima in sede di approvazione
del DPEF, aveva votato a favore di un ordine del giorno a firma delle
Senatrici De Biasi e Dirindin, fatto poi proprio dal governo, con cui
era stato sancito l’impegno a carico del governo medesimo ad assicurare
il mantenimento dei livelli e della qualità del SSN, anche in termini di
risorse messe a disposizioni
Provvedimenti platealmente smentiti dal
voto di fiducia di pochi giorni orsono. L’approvazione del
provvedimento, contro cui si sono appellati la totalità dei sindacati e
delle associazioni di tutela dei cittadini è ancora più sconcertante
alla luce della recentissima pubblicazione (2015) da parte dell’OCSE
dei dati sulla spesa sanitaria nei paesi europei
Dalla tabella pubblicata dallo stesso OCSE e di seguito riportata (figura1)
si evince, infatti, che il livello di
finanziamento della sanità del bel paese è punto 8,8 del PIL,
inferiore perfino a quello della Grecia che si attesta a 9,2, per non
parlare di quelli di Francia e Germania rispettivamente a 10,9 e 11.
In Italia la riduzione del finanziamento
nell’ultimo triennio è stata di oltre 8 punti di PIL in termini reali a
fronte di un aumento medio del 3% nel complesso dei paesi OCSE ( figura
2).
Fig 2: Definanziamento del SSN in termini reali rispetto OECD
Lo stesso dicasi per la spesa pro-capite che in termini di equivalenza è 3.077 USD a fronte di una media di 3.453 USD.
La strategia del premier è dunque
abbastanza chiara: la riduzione della spesa pubblica , pre-condizione
per l’abbattimento del carico fiscale, non risparmierà nessun settore e
i risparmi ottenuti da eventuali misure di razionalizzazione non
saranno reinvestiti in nuovi servizi, nonostante le buone intenzioni del
Ministro della Salute, che si è prodigata nel sostenere il contrario.
La domanda è allora la seguente: cosa
resterà del nostro già disastrato SSN? e come saranno reperite le
risorse necessarie al suo finanziamento? La risposta non credo tarderà
ad arrivare e inevitabilmente riguarderà l’introduzione di quel secondo
pilastro assicurativo che era stato un cavallo di battaglia del
Ministro Sirchia e del primo Berlusconi e che forse Renzi, come insegna
la vicenda dell’art. 18, questa volta riuscirà a realizzare. Qualcuno,
come anche il leader di Federmanager su questo stesso giornale, ha
giustamente sostenuto che già i cittadini italiani spendono una cifra
enorme per la sanità privata essendo questa di oltre 30 miliardi di
euro e che quindi i fondi integrativi , appositamente estesi e
defiscalizzati, potrebbero svolgere il ruolo di ottimizzare una spesa
che già c’è.
Ragionamento questo solo apparentemente
giusto perché l’introduzione di fondi integrativi con funzioni
sostitutive nei confronti delle prestazioni ricomprese nei LEA aprirebbe
inevitabilmente una corsa allo scaricabarile da parte di uno Stato
sempre più schiacciato dalla montagna del debito pubblico e dalla
scarsissima crescita. Le conseguenze, già visibili in tema di future
pensioni, sarebbero allora il ritiro da parte dello Stato che in breve
tempo finirebbe per garantire ai suoi cittadini solo la tutela dai
grandi rischi (ovvero sia l’assistenza ospedaliera e le vaccinazioni
obbligatorie) lasciando il resto alla libera negoziazione delle parti.
Una brutta copia di quello che per un secolo è avvenuto in America e che
il presidente Obama ha cercato contro enormi resistenze di modificare
per avvicinarsi a quel modello di welfare europeo che oggi noi stessi
mettiamo in crisi.
Fonte: il diario del lavoro
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.