La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 7 agosto 2015

Dalla crisi ai migranti, la Grecia solidale è indignata con l'Europa


di Teodoro Andreadis Singhellakis
Sono sem­pre più i greci che rispon­dono all’emergenza immi­gra­zione nello stesso modo in cui hanno affron­tato la crisi degli ultimi cin­que anni. Con la soli­da­rietà e la mobi­li­ta­zione col­let­tiva, da Atene sino alle isole dell’Egeo. I flussi migra­tori non accen­nano a dimi­nuire, le par­tenze dalle coste della Tur­chia e gli approdi nelle isole di Kos, Lesbo, Chios, sono ormai senza sosta. I dati dif­fusi ieri da Fron­tex e dalla Com­mis­sione Euro­pea mostrano che nel solo mese di luglio sono arri­vati in Gre­cia più di 50 mila migranti. Cifre più alte di quelle che riguar­dano l’Italia, in un paese pesan­te­mente pro­vato dalla crisi eco­no­mica e dai tagli senza fine impo­sti dalle isti­tu­zioni creditrici.
Ne ha par­lato a lungo Ale­xis Tsi­pras, al ter­mine di una riu­nione a cui hanno par­te­ci­pato i suoi più stretti col­la­bo­ra­tori. «L’Unione euro­pea è messa alla prova dalla que­stione immi­gra­zione. La Gre­cia, con forti sacri­fici e restando fedele ai prin­cipi uma­ni­tari, sta offrendo tutto quello che può ai pro­fu­ghi», ha dichia­rato il primo mini­stro greco.

Tsi­pras ha stig­ma­tiz­zato la posi­zione di «alcuni paesi mem­bri che sono stati ammessi recen­te­mente nell’Unione euro­pea, che non inten­dono adot­tare il prin­ci­pio della soli­da­rietà, sul quale è stata costruita l’intera strut­tura dell’Unione». È chiaro che Atene vede uno stret­tis­simo legame tra le posi­zioni di molti paesi — con­si­de­rati vicini o “satel­liti” della Ger­ma­nia — sul come deve essere gestita la crisi greca e la man­canza di un’adeguata mobi­li­ta­zione per far fronte all’emergenza immigrazione.
Ed è per que­sto che il governo di Syriza cer­cherà di porre in modo più deciso la que­stione, sia in Europa che alle Nazioni Unite, chie­derà all’Unione di fir­mare degli accordi diret­ta­mente con la Tur­chia (da dove parte la stra­grande mag­gio­ranza delle car­rette del mare che approda in Gre­cia) e allo stesso tempo inten­si­fi­cherà la col­la­bo­ra­zione con i vari comuni elle­nici per indi­vi­duare nuovi luo­ghi di acco­glienza. I pro­blemi certo, non man­cano, e non potrebbe essere altri­menti, in un paese che in sei anni ha perso un quarto della sua ric­chezza nazio­nale. A Kos i migranti sono stati assi­stiti per due mesi da una asso­cia­zione di volon­ta­riato, con l’aiuto degli alber­ga­tori locali. Più di mille pasti al giorno, gra­zie alla sen­si­bi­liz­za­zione dei cit­ta­dini. Tut­ta­via, dopo due mesi, i volon­tari non sono più in grado di soste­nere il costo dell’assistenza e i cit­ta­dini stra­nieri, ospi­tati in un albergo abban­do­nato, sono rima­sti senza cibo.
Ad Atene cen­ti­naia di pro­fu­ghi hanno tro­vato momen­ta­nea siste­ma­zione nel giar­dino di Campo di Marte, a poche cen­ti­naia di metri dal Poli­tec­nico. Dor­mono in tende di pla­stica repe­rite anche qui, gra­zie alla mobi­li­ta­zione dell’«Iniziativa di Soli­da­rietà per i Pro­fu­ghi di Campo di Marte-Pedìon tou Areos». Hanno mon­tato una tenda dove medici volon­tari visi­tano i migranti, men­tre i cit­ta­dini por­tano far­maci gene­rici per poter affron­tare i pro­blemi più facil­mente risol­vi­bili. «Per nove giorni, c’erano solo due bagni per cin­que­cento per­sone. In due set­ti­mane abbiamo distri­buito più di cin­que­mi­la­due­cento pasti, men­tre ogni giorno offriamo anche tre­cento litri di thè» hanno voluto sot­to­li­neare i respon­sa­bili, in una con­fe­renza stampa orga­niz­zata all’aperto, in un angolo di Pedìon tou Areos.
Chie­dono all’Europa «di smet­tere di spen­dere milioni di euro solo per la mis­sione Fron­tex, in chiave difen­siva, facendo finta di non sapere che i pro­fu­ghi, e anche i migranti per motivi eco­no­mici, sono sem­pre più spesso costretti ad abban­do­nare i loro paesi a causa di poli­ti­che ed atro­cità aval­late dall’occidente». Tra pochi giorni, dal cen­tro di Atene, i pro­fu­ghi ver­ranno tra­sfe­riti nella zona peri­fe­rica di Eleò­nas ‚dove si sta pre­pa­rando un campo con con­tai­ner, ener­gia elet­trica e acqua pota­bile. Ma que­sta, ovvia­mente, non può essere con­si­de­rata la solu­zione defi­ni­tiva. Si deve fare di tutto per tenere insieme l’accoglienza e la soli­da­rietà dei cit­ta­dini, i diritti dei migranti e le ini­zia­tive volte a chie­dere una mag­gior mobi­li­ta­zione dell’Europa. Cer­cando, prima di tutto, di evi­tare nuovi epi­sodi di raz­zi­smo, come quelli si cui si è resa respon­sa­bile Alba Dorata, sino a due anni fa. Sino a quando, cioè, è ini­ziato il pro­ce­di­mento penale a carico della stra­grande mag­gio­ranza dei suoi diri­genti, con l’accusa, tra le altre, di asso­cia­zione per delin­quere. A causa del pro­cesso, per ora, i raid xeno­fobi e omo­fobi, si sono momen­ta­nea­mente inter­rotti. Ma è chiaro che, come ha sot­to­li­neato lo stesso Tsi­pras, sono prima di tutto le cause a dover essere com­bat­tute. In un paese che lotta per la pro­pria dignità, la ricerca di solu­zioni real­mente umane anche per l’immigrazione, costi­tui­sce una sfida che appare natu­rale e obbligata.

Fonte: il manifesto

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