La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 6 agosto 2015

Catto-fascio-leghisti alla ribalta

di Luca Kocci
Inchio­dano i cro­ce­fissi sulle pareti delle aule sco­la­sti­che per­ché sono un segno della «nostra civiltà», ma aggre­di­scono papa, vescovi e preti quando si schie­rano dalla parte degli immi­grati. Riven­di­cano le «radici cri­stiane» dell’Europa, ma se qual­che cri­stiano afferma che la «for­tezza Europa» deve abbat­tere i muri di pro­te­zione e di sepa­ra­zione lo mar­chiano come com­plice degli sca­fi­sti e amico dei terroristi.
È il cat­to­li­ce­simo dei fascio-leghisti, sem­pre più com­pe­ne­trati gli uni negli altri dopo la «svolta nazio­nale» di Sal­vini, a cui si sono pron­ta­mente acco­dati nostal­gici del ven­ten­nio e resi­duati in cami­cia nera sedotti dalla pos­si­bi­lità di supe­rare la bar­riera dello zero vir­gola delle loro fiac­che pre­sta­zioni elet­to­rali. Ma anche dei per­be­ni­sti bor­ghesi che iscri­vono i figli nella scuola cat­to­lica e poi sbrai­tano se il vescovo decide di ospi­tare un gruppo di pro­fu­ghi vicino all’istituto fre­quen­tato dai loro rampolli.
Un cat­to­li­ce­simo svuo­tato del Van­gelo, tra­sfor­mato in reli­gione civile di un’Italia «Dio, Patria e fami­glia», in piena sin­to­nia con quel pezzo di Chiesa gerar­chica, con­ser­va­trice e maschi­li­sta che ha oppor­tu­ni­sti­ca­mente lasciato fare, quando non bene­detto. Poche bat­ta­glie, stru­men­tal­mente sele­zio­nate: sì alla «fami­glia natu­rale»; sì al cro­ce­fisso e al pre­sepe in ogni aula; sì al finan­zia­mento pub­blico delle scuole pari­ta­rie; no agli immi­grati, soprat­tutto se isla­mici, quindi no alle moschee; no agli omo­ses­suali che riven­di­cano i pro­pri diritti; no alla «ideo­lo­gia del gen­der», senza sfor­zarsi di capire dav­vero di cosa si tratta.
Alcuni epi­sodi delle ultime set­ti­mane rive­lano la con­trad­di­zione di una reli­gione senza fede, bran­dita come una clava dai fascio-leghisti e da quella «vec­chia pic­cola bor­ghe­sia» – can­tava Clau­dio Lolli – «con­tenta se un ladro muore o se si arre­sta una put­tana, se la par­roc­chia del Sacro Cuore acqui­sta una nuova campana».
Il primo nell’ex Veneto bianco, area Marca tre­vi­giana. A metà luglio, alcuni abi­tanti di Quinto di Tre­viso, spal­leg­giati dal leghi­sta pre­si­dente della Regione Luca Zaia, pro­te­stano con vee­menza e respin­gono il tra­sfe­ri­mento di un cen­ti­naio di pro­fu­ghi in un con­do­mi­nio. Pochi giorni fa due vescovi, mon­si­gnor Gar­din (Tre­viso) e mon­si­gnor Piz­ziolo (Vit­to­rio Veneto), scri­vono una let­tera aperta, per con­dan­nare la rivolta: siamo cri­stiani «nella maniera che ci è richie­sta dal Van­gelo o secondo un cri­stia­ne­simo acco­mo­dante che ci siamo rimo­del­lati sulle nostre ideo­lo­gie o sulle nostre chiu­sure?», chie­dono i due vescovi, «scon­cer­tati di fronte alla defor­ma­zione di un cri­stia­ne­simo pro­fes­sato a gran voce, e magari «difeso» con deci­sione nelle sue tra­di­zioni e nei suoi sim­boli, ma svuo­tato dell’attenzione ai poveri, agli ultimi».
Non si scom­pone Zaia: «I vescovi, che rispetto in quanto cat­to­lico, io li capi­sco per­ché il Van­gelo pre­dica la soli­da­rietà, ma i veneti hanno capito che molti di que­sti che noi aiu­tiamo come pro­fu­ghi non sono affatto in dif­fi­coltà. I vescovi hanno dato tutto quello che pote­vano dare? I semi­nari sono tutti pieni di immi­grati e di pro­fu­ghi? Non mi risulta. Chi è senza pec­cato sca­gli la prima pie­tra». Pochi giorni prima il capo di Zaia, Mat­teo Sal­vini, segre­ta­rio della Lega Nord e pala­dino dei pre­sepi nelle scuole, dopo aver cri­ti­cato il papa sem­pre sul tema immi­grati, se l’era presa con don For­men­ton, un prete veneto da anni tra­pian­tato in Umbria, che all’indomani della pro­te­sta anti-immigrati di Quinto (e di Roma, con i fasci­sti di Casa Pound ad alzare le bar­ri­cate con­tro il tra­sfe­ri­mento di un gruppo di rifu­giati in un cen­tro di acco­glienza), aveva affisso sul por­tone della sua par­roc­chia a Sant’Angelo in Mer­cole (Spo­leto), un car­tello: «In que­sta Chiesa è vie­tato l’ingresso ai raz­zi­sti, tor­nate a casa vostra!», e le parole di Gesù del Van­gelo di Mat­teo «Ero stra­niero e non mi avete accolto… Lon­tano da me, male­detti, nel fuoco eterno».
Sal­vini com­menta su Face­book: «Don Gian­franco For­men­ton attacca la Lega, par­lando di raz­zi­smo, odio, squa­dri­smo, Hitler e Mus­so­lini “Vie­tato l’ingresso ai raz­zi­sti” si legge all’ingresso della “sua” chiesa. Forse il par­roco pre­fe­ri­sce gli affa­ri­sti alla Mafia Capi­tale? Pre­fe­ri­sce gli sca­fi­sti, gli schia­vi­sti, i ter­ro­ri­sti? Povera Spo­leto e povera Chiesa, se que­sto è un prete…».
Dalla Lega a Forza Nuova. A fine luglio alcuni mili­tanti del movi­mento poli­tico fon­dato da Roberto Fiore e Mas­simo Mor­sello affig­gono di fronte alla cat­te­drale di Avez­zano (Aq) un mani­fe­sto con­tro il vescovo, mon­si­gnor San­toro, reo di una pasto­rale di acco­glienza verso i migranti: «Per il vescovo prima i clan­de­stini, per Forza Nuova prima gli ita­liani». Forza Nuova non è nuova ad ini­zia­tive di que­sto tipo: l’anno scorso stri­scioni con la scritta «No fiabe gay. Pro­teg­giamo i nostri bam­bini» ven­nero issati davanti alle libre­rie Pao­line di Tre­viso, Trie­ste e Verona per­ché negli scaf­fali erano i ven­dita alcuni libri con­tro la vio­lenza di genere e l’omofobia.
E qual­che anno prima i neo­fa­sci­sti si erano arrab­biati con un altro prete, don Armando Zap­po­lini, che nella sua par­roc­chia a Peri­gnano (Pisa) accanto al pre­sepe aveva piaz­zato un car­tello a soste­gno della legge per la cit­ta­di­nanza ai bam­bini stra­nieri nati in Ita­lia: «Gesù, bam­bino nato in Ita­lia nella notte fra il 24 e il 25 dicem­bre da geni­tori pale­sti­nesi senza docu­menti di sog­giorno, non potrà diven­tare cit­ta­dino ita­liano». Eppure Forza Nuova è movi­mento che riven­dica la pro­pria cat­to­li­cità: il 20 giu­gno era in piazza a Roma, insieme ai neo­ca­te­cu­me­nali e ad altri gruppi cat­to­lici, “per la fami­glia e con­tro il gen­der”; e l’8 ago­sto i for­za­no­vi­sti cala­bresi con­clu­de­ranno il pro­prio Campo d’azione – durante il quale è pre­vi­sta la pro­ie­zione di Sodom.
La rivo­lu­zione antro­po­lo­gica in atto, docu­men­ta­rio a cura dell’associazione cat­to­lica Pro Vita – a Bel­monte Cala­bro (Cs) con il rito del «pre­sente» a Michele Bian­chi (gerarca fasci­sta cala­brese morto nel 1930) al ter­mine di una messa offi­ciata da don Giu­lio Tam, prete lefe­vriano – quindi fuori dalla Chiesa cat­to­lica – espulso anche dalla Fra­ter­nità San Pio X, che dice del pro­prio look: «la mia tonaca è una cami­cia nera taglia XXL».
Il terzo epi­so­dio a Crema, dove il vescovo, mon­si­gnor Can­toni, su richie­sta della pre­fet­tura, decide di acco­gliere in un ex con­vento di suore una ven­tina di gio­vani pro­fu­ghi extra­co­mu­ni­tari. Ma non aveva con­si­de­rato, il vescovo, che accanto al con­vento c’è una scuola cat­to­lica, e che i cat­to­li­cis­simi geni­tori dei bam­bini si sareb­bero ribel­lati: pro­te­ste in muni­ci­pio e in Curia, rac­colta di firme, minacce di riti­rare dalla scuola i pro­pri figli al grido «gli immi­grati dove ci sono i nostri figli non li vogliamo».
Il vescovo fa die­tro­front, ma bac­chetta le «rea­zioni scon­si­de­rate e irra­zio­nali», det­tate dal «demone della paura dell’altro, del diverso da noi, dello straniero».
Si può chie­dere alla Chiesa, se dav­vero è lon­tana da que­sto cat­to­li­ce­simo anti­e­van­ge­lico, di impie­gare la stessa ener­gia e la stessa deter­mi­na­zione usata in altre situa­zioni e con­tro altri «nemici» per iso­lare que­sti «buoni cattolici»?

Fonte: il manifesto

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