La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 5 agosto 2015

Rai, il trionfo della lottizzazione





Come ti lottizzo la Rai: ecco chi sono i nuovi sette consiglieri del Cda
di Vincenzo Vita
Come nell’intervallo tra il primo e il secondo tempo dei film tra­smessi in tele­vi­sione, ecco l’interruzione pub­bli­ci­ta­ria della nomina dei ver­tici della Rai. Secondo i rituali della sbef­feg­giata ma sem­pi­terna legge Gasparri.
Il primo capi­tolo della messa pagana si è com­piuto con l’elezione dei sette com­po­nenti del nuovo con­si­glio di ammi­ni­stra­zione da parte della com­mis­sione par­la­men­tare di vigi­lanza. Seguono ora i due di ema­na­zione gover­na­tiva, tra i quali si col­loca il nome del pre­si­dente, che diverrà effet­tivo con il parere reso dalla stessa com­mis­sione di vigi­lanza. Ed è atteso il Godot del rito, vale a dire il diret­tore gene­rale, al quale saranno attri­buiti a legge appro­vata i poteri dell’amministratore dele­gato: il fiore all’occhiello della (contro)riforma renziana.
Il tutto dovrebbe con­su­marsi in un baleno. A quanto si sus­surra e si grida, il pre­de­sti­nato Ad è Anto­nio Campo Dall’Orto, MtvItalia-Telecom Italia-La7-Viacom-Leopolda. Chissà chi lo sa. Il toto­no­mine sulla pre­si­denza indi­che­rebbe una donna, secondo una vul­gata assai edul­co­rata della parità di genere: sco­perta a giorni alterni, pos­si­bil­mente dove il potere si affievolisce.

Quanto ai volti dei neo-amministratori, il bon ton impone una pru­dente attesa, pur scor­gendo pro­fes­sio­na­lità col­lau­date e un bril­lante «guru» dei media, Carlo Frec­cero. Non a caso votato da 5Stelle e da Sini­stra, eco­lo­gia e libertà. Pur­troppo, non ce l’ha fatta Fer­ruc­cio De Bor­toli, sug­ge­rito — in limite — dalla mino­ranza pid­dina ad un par­tito piut­to­sto ostile verso gli ere­tici, tra le cui fila è finito per­sino l’ex diret­tore del Cor­riere della sera, a causa forse di qual­che edi­to­riale non allineato.
Quanto è acca­duto, però, non va valu­tato come se fosse un Talent. Il giu­di­zio nega­tivo pre­scinde dalla qua­lità dei sin­goli. Il mec­ca­ni­smo di nomina è desueto, ingial­lito e tale da ren­dere ine­so­ra­bil­mente «minore» il mede­simo orga­ni­smo con­si­liare. Il bari­cen­tro si è spo­stato net­ta­mente verso la parte «fidu­cia­ria» del governo: un capo azienda con molti gal­loni, ma privo di una mis­sione. Appunto.
L’incredibile e ingiu­sto destino che tocca al ser­vi­zio pub­blico sta pro­prio in tale astrusa con­trad­di­zione: mano dura, con­du­zione di impresa, gerar­chia accor­ciata, ma non si sa per fare che. Frec­cero ha subito par­lato della neces­sità di valo­riz­zare l’informazione e la fic­tion. Come? Con il piano del diret­tore gene­rale uscente Gubi­tosi o con un pro­getto corag­gioso e crea­tivo? Cinema e audio­vi­sivo ita­liani ed euro­pei o sem­plice messa in onda di serie ame­ri­cane (pur intri­ganti e di eccel­lente fattura)?
E Il rap­porto con Cine­città, vero tesoro ita­liano gestito oggi in maniera discu­ti­bile? Il discorso si potrebbe allar­gare a nume­rosi aspetti che atten­gono al senso e all’attualità di un ser­vi­zio pubblico-bene comune nell’era digitale.
I nomi — dun­que — anda­vano imma­gi­nati, al di là delle casac­che poli­ti­che, sulla base di un pro­getto. Che non pare al momento esi­stere. A meno che non sia tenuto nasco­sto. L’urgenza di una stra­te­gia non è un biso­gno teo­re­tico, bensì un obbligo det­tato dall’imminente sca­denza della con­ven­zione con lo stato.
Pur­troppo, hanno vinto la con­ser­va­zione, il viag­gio all’indietro nel tempo: il trionfo della lot­tiz­za­zione per­fetta. I par­titi in Rai sono di più, non di meno.
Un flop di governo e mag­gio­ranza, che in nobile siner­gia hanno but­tato al vento ela­bo­ra­zioni e pro­po­ste venute da parti signi­fi­ca­tive della comu­nità mediatica.
Non per fretta, ma per scelta: il pas­sag­gio dal ser­vi­zio pub­blico ad un’azienda gover­na­tiva di rela­tiva importanza.

Fonte: il manifesto

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