La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 8 agosto 2015

Il Sud è un land tedesco. Renzi non ha visione

Intervista a Adriano Giannola di Roberto Ciccarelli
Dopo avere «bucato» l’infosfera estiva con l’anticipazione di un rap­porto deva­stante sulla con­di­zione socio-economica, il pre­si­dente dello Svi­mez Adriano Gian­nola ripro­pone quelle che, a suo avviso, potreb­bero essere le misure per inver­tire la rotta e disan­co­rare il Mez­zo­giorno da una spi­rale di bassa pro­dut­ti­vità e bassa cre­scita, cioè dalle poli­ti­che adot­tate in ita­lia da 30 anni e che oggi l’hanno tra­sfor­mata in un deserto. Il sud, la nostra Grecia.
Si parla, ad esem­pio, di costi­tuire «Zone eco­no­mi­che spe­ciali» sul modello di Rot­ter­dam o Amburgo per rilan­ciare la logi­stica, l’industria e il «capi­tale sociale». Prima di appro­fon­dire chie­diamo a Gian­nola un parere sulla pro­po­sta della mini­stra alle atti­vità pro­dut­tive Fede­rica Guidi: per il Sud sareb­bero pronti 80 miliardi di fondi euro­pei (ieri sono diven­tati 100).

Pro­fes­sor Gian­nola che cosa fare per ren­dere que­sti fondi meno inu­tili del piano Berlusconi-Tremonti che pro­mise la stessa cifra nel 2010?Non c’è biso­gno di comu­ni­care di avere 100 miliardi, baste­rebbe dire su cosa si inter­viene nello spe­ci­fico e con quali tempi. Il pro­blema è che que­sti fondi si sono tra­sfor­mati in una iat­tura. Non siamo in grado di spen­derli e ven­gono usati per tam­po­nare bene o male la realtà dram­ma­tica del Sud di cui nes­suno parla. Durante il seme­stre ita­liano nes­suno si è posto il pro­blema di rior­ga­niz­zare la coe­sione ter­ri­to­riale che oggi pena­lizza le regioni meri­dio­nali. Se que­sti fondi ci sono, allora usia­moli per que­stioni strategiche.
Quali?Logi­stica dei porti e fer­ro­vie, le ener­gie rin­no­va­bili, le acque, i beni cul­tu­rali o la rige­ne­ra­zione urbana, per fare qual­che esem­pio. È una lita­nia che ripe­tiamo da anni: non serve avere tante risorse, piut­to­sto biso­gna attrarne. Il Sud è una grande que­stione ita­liana. Se que­sto paese volesse matu­rare una visione stra­te­gica, allora si dovrebbe porre alla testa di una nazione euro­me­di­ter­re­nea che guarda alle grandi rotte com­mer­ciali che pas­sano dal Canale di Suez. Oppure si può con­ti­nuare a dare ragione alle idio­zie di Maroni con la Lom­bar­dia che ha perso 30 posti nell’economia euro­pea. Con­ti­nue­remo ad andare a sbat­tere con­tro un muro come fac­ciamo da vent’anni cre­scendo a mala­pena dell’1% e pre­sumo che non saremo con­tenti di que­sta sta­gna­zione nord-centrica. Invece di essere quelli che cam­biano verso, con­ti­nue­remo a essere poveri.
Che cosa sono e come fun­zio­nano le zone eco­no­mi­che spe­ciali (Zes) pro­po­ste dallo Svi­mez?
Biso­gna aprire un con­fronto sui mec­ca­ni­smi com­pen­sa­tivi degli squi­li­bri interni alla peri­fe­ria della Ue, pre­di­spo­nendo ade­gua i stru­menti di fisca­lità di com­pen­sa­zione da usare nell’ottica di un’armonizzazione delle poli­ti­che fiscali nel medio periodo. Le Zes sono uno stru­mento potente usato in Cina e in Europa per ripo­po­lare i ter­ri­tori e aggan­ciarli ai traf­fici. Per que­sto c’è biso­gno della logi­stica. L’idea è diven­tare inter­me­diari mon­diali dei com­merci da Est a Ovest, da Sud a Nord. Oggi da Suez il 90% delle navi vanno diret­ta­mente ad Amburgo o Rot­ter­dam. Da lì poi le merci arri­vano a Milano. Si rende conto del con­sumo ener­ge­tico? Que­sta è una fol­lia ambien­tale . Invece una regione come la Cala­bria potrebbe diven­tare un hub pro­dut­tivo con il porto di Gioia Tauro. Oppure si rende conto cosa signi­fi­che­rebbe avere un agro­porto a Taranto? Que­ste tra­sfor­ma­zioni trai­ne­reb­bero il mondo locale, creando capi­tale sociale.
Dopo il pas­sag­gio di Del­rio alle Infra­strut­ture, Renzi ha accen­trato la delega per la coe­sione ter­ri­to­riale. Cosa dovrebbe fare?
Un con­sor­zio obbli­ga­to­rio delle regioni del Sud che con­cen­tri i fondi sulle prio­rità delle città e deter­mini le stra­te­gie per cogliere l’opportunità medi­ter­ra­nea. Ad oggi non ne abbiamo colto nem­meno una. Abbiamo l’urgenza di attrarre capi­tali. La zona spe­ciale è una garan­zia che stiamo facendo qual­cosa. Ma ci vogliono tempi rapi­dis­simi. Che sia tutto accen­trato a palazzo Chigi va bene, che ci sia una sus­si­dia­rietà ver­ti­cale anche. A chi non pro­getta e non spende, ven­gono riti­rati i fondi e decide il governo. Ma sic­come non si spende, allora si taglia il cofi­nan­zia­mento dal 50 al 20 per cento. Per­ché il governo non fa un pro­getto e spende lui quello che non spen­dono gli altri?
Già, per­ché?
Per­ché non ha una stra­te­gia sulla logi­stica o sull’energia. Potremmo essere lea­der nell’ecocompatibilità ener­ge­tica e nella soste­ni­bi­lità ambien­tale, ma non usiamo l’enorme fonte geo­ter­mica del Medi­ter­ra­neo per paura di sco­mo­dare i poten­tati del set­tore. Biso­gna rior­ga­niz­zare il sistema degli incen­tivi che non devono essere ren­dite senza ritorno pro­dut­tivo e tec­no­lo­gico come oggi. Siamo dipen­denti per l’85% delle risorse ener­ge­ti­che importate.
Due sono le cose che Renzi ha fatto per il Sud fino a que­sto momento: gli ha tolto 3,5 miliardi per finan­ziare la decon­tri­bu­zione delle assun­zioni per il jobs act e appro­vato le auto­strade e le tri­vel­la­zioni dello Sblocca Ita­lia. Come giu­dica que­ste ope­ra­zioni?
Pic­colo cabo­tag­gio senza stra­te­gia. Non si ha il senso di cosa vuol dire gover­nare un grande paese euro­peo in que­sta tem­pe­rie. Biso­gna avere il corag­gio di pro­porre una visione del paese come fecero negli anni Cin­quanta La Malfa, Sara­ceno, Morandi, giganti rispetto a quelli di oggi. Si sono bat­tuti, non tutto è riu­scito bene direi, ma molto è stato fatto. Oggi c’è solo il pic­colo cabo­tag­gio delle riforme strut­tu­rali, cor­nici senza che ci sia un qua­dro. È ora di ini­ziare a dipin­gere il qua­dro, altri­menti la cor­nice non serve a niente.
Paul Krug­man nel 1991 par­lava di «mez­zo­gior­ni­fi­ca­zione» d’Europa. Oggi in ogni paese euro­peo c’è un sud nelle con­di­zioni del nostro sud, ad esem­pio l’ex Ger­ma­nia dell’Est. Non crede che que­sto sia il risul­tato di un assetto gene­rale dell’Unione Euro­pea e di un sistema mone­ta­rio pen­sati per favo­rire l’export tede­sco?
È un discorso deli­cato. Sono un con­vinto soste­ni­tore dell’unione mone­ta­ria ma sono con­sa­pe­vole che così com’è aumenta le diver­genze tra i paesi. Sin dall’inizio dell’Ue abbiamo insi­stito che si facesse il neces­sa­rio per con­te­nere que­ste con­se­guenze con un bilan­cio e una spesa unica. Oggi la Ger­ma­nia arranca per­ché la con­ver­genza è dimi­nuita, ma non è para­go­na­bile con quello che sta suc­ce­dendo nel Mez­zo­giorno. Siamo in una situa­zione in cui non si rispet­tano i diritti costi­tu­zio­nali all’istruzione o alla sanità. Il nostro paese non cre­sce, né si svi­luppa e va avanti a van­vera senza porsi il pro­blema di ria­prire una sta­gione di sviluppo.
Che dif­fe­renza c’è tra lo svi­luppo e la cre­scita, un con­cetto sul quale insi­stono tutti come un man­tra?
La cre­scita è un con­cetto sta­tico, lo svi­luppo è dina­mico, è una tra­sfor­ma­zione strut­tu­rale. Dob­biamo avviarci su que­sta strada. Per farlo però c’è biso­gno innan­zi­tutto di una sana e franca discussione.
Lei sostiene che rischiamo di tra­sfor­marci in un pro­con­so­lato tede­sco. Non pensa che sia già così?
Viviamo in un paese ete­ro­di­retto. Non è che la Ger­ma­nia sia cat­tiva, ma se c’è un vuoto, lo si riem­pie. Siamo un pezzo della Mit­te­leu­ropa. Se con­ti­nuiamo così, la gente emi­grerà, i gio­vani se ne andranno, le uni­ver­sità chiu­de­ranno. C’è sem­pre una solu­zione. Pur­troppo non è detto che sia sem­pre quella ideale.

Fonte: il manifesto

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