di Franco Berardi Bifo
Un convegno per farci che? L'idea di un convegno venne fuori dal flusso
effimero dei giorni febbrili di luglio, i giorni tra il referendum e la
resa. Un convegno parve a tutti urgente, ma non lo era. Per qualche
giorno credemmo che l'azione e la volontà tornassero a giocare un ruolo,
ma era un'illusione. Le cose andarono infatti nella sola maniera in cui
potevano andare. L'automa tecno-finanziario ha ripreso il sopravvento e
la società non trova la strada che possa renderla autonoma. Dopo il
referendum, Tsipras si è reso conto (e l'ha anche detto) che lui e i
suoi compagni non "avevano la competenza" per tentare un'uscita dal
castello di ingiunzioni tecno-linguistiche di cui la governance è
costituita. Non avevano la competenza perché quella competenza non c'è.
Qualcuno ha la competenza per trasformare il quadrato in una figura
geometrica con cinque angoli? No, e similmente nessuno ha la competenza
per uscire dal ciclo del debito. Se lo accetti sei morto, se lo rifiuti
sei morto lo stesso.
Così senza fretta il convegno si terrà a Milano il 3/4 di ottobre, c'è
tutto il tempo di pensarci su. A che può servire un convegno? Qual è il
suo tema, qual è il suo orizzonte? Non ho una proposta esclusiva, né un
programma bello e pronto da proporre, ma credo che dovremmo costruirlo
senza l'idea di "potere" qualcosa nel corso della prossima fase.
Da trent'anni ogni scontro sociale, ogni confronto con il potere si risolve in un arretrare per ricomporre le fila qualche metro più indietro, pensando che al prossimo assalto resisteremo, e che forse inizieremo la riscossa.
Da trent'anni ogni scontro sociale, ogni confronto con il potere si risolve in un arretrare per ricomporre le fila qualche metro più indietro, pensando che al prossimo assalto resisteremo, e che forse inizieremo la riscossa.
Per favore piantiamola. Non ci sarà resistenza non ci sarà riscossa.
La resa di Syriza va interpretata in maniera realistica. Sul piano
elettorale l'effetto della resa di Syriza è il crollo della residua
credibilità delle forze di opposizione politica di sinistra. Perché gli
elettori spagnoli o italiani dovrebbero votare per la sinistra dopo la
prova che ha dato Syriza? Perché mettersi dalla parte di coloro che sono
necessariamente destinati a perdere? Perché far arrabbiare Herr
Shaeuble visto che da sinistra non c'è via d'uscita?
Questa è la prima lezione dell'estate amara, se vogliamo trarne consapevolezza e non soltanto amarezza.
Tra il giorno in cui il 62% dei greci ha detto no al ricatto e il giorno
in cui Tsipras si è tolto la giacca dicendo prendete anche questa, si è
consumata a mio parere l'ultima battaglia della sinistra.
Tsipras aveva probabilmente convocato il referendum sperando di perderlo
ed essere legittimato dal voto a riconoscere il carattere irreversibile
dell'automazione finanziaria. Poi ha dovuto tradire il responso delle
urne perché l'alternativa sarebbe stata il caos, la violenza di strada, e
un possibile intervento della polizia tra le cui fila Alba Dorata è
decisiva. Tsipras è un bravo ragazzo, per questo i Greci lo seguono, non
è un intellettuale radicale alla Varoufakis. Perciò ha scelto di non
portare il suo paese alla guerra civile, verso la quale i criminali
dell'Eurogruppo lo stavano coscientemente spingendo.
La sconfitta di Syriza non è conseguenza di errori o di tradimenti, ma
il riconoscimento del fatto che il dominio della governance, cioè il
dominio dell'astrazione finanziaria sulla concretezza della vita sociale
non consente vie d'uscita politiche. Dopo la (provvisoria) conclusione
della vicenda greca, i tentativi di riattivazione di una sinistra non
vanno certo sabotati o irrisi. Ma è bene sapere che le forze di
opposizione politica della sinistra rappresentano solo un residuo che
pigola sempre più piano.
Mi chiedo se occorra fare un convegno per fare questa constatazione. Forse no.
Per fare un convegno che non sia retorico e auto-consolatorio occorre
rovesciare l'ottica della faccenda, abbandonare dichiaratamente l'ottica
della resistenza e della speranza, e dar per acquisita la
precipitazione catastrofica che incombe.
Tanto per chiarire avrei un titolo da proporre per il convegno:
COME SOPRAVVIVERE ED ESSERE FELICI NELL'EPOCA INCOMBENTE DI MISERIA SCHIAVITÙ E GUERRA.
Un titolo di questo genere comporta due svolgimenti complementari:
da una parte comporta un riconoscimento del fatto che non esistono le
condizioni sociali e psico-culturali per la resistenza: la resistenza
non resiste. Miseria schiavitù e guerra sono inarrestabili al momento.
D'altra parte richiede la proposta di una mappa delle vie di fuga
esistenziali collettive.
Colonialismo astrazione finanziaria, nazionalismo emergente
L'estate amara ha svelato il carattere colonial finanziario della
costruzione europea. L'Unione è un dispositivo di imposizione delle
regole di precarietà e privatizzazione: la dinamica di predazione
finanziaria si svolge attraverso un trasferimento di risorse e di potere
dai paesi colonizzati verso il sistema bancario tedesco.
L'energia imperialista dei paesi che raggiunsero tardivamente l'unità
nazionale (Germania Italia e Giappone) si manifestò nel ventesimo secolo
con la formazione del fascismo aggressivo che ha alimentato la seconda
guerra mondiale. Per ragioni geopolitiche la Germania non poteva
esprimere quell'energia se non attraverso l'espansione in Europa, e
questa espansione, che negli anni '40 si manifestò come blitzkrieg e
occupazione territoriale, oggi consiste nell'imposizione di un prelievo
finanziario sul continente.
Per quanto sia orribile a dirsi, il disegno geopolitico della nazione
tedesca è oggi esattamente lo stesso del 1941. I mezzi con cui si svolge
la colonizzazione del territorio europeo sono diversi, l'ordoliberismo
che ha ispirato la politica economica della tecnocrazia tedesca diverge
dalle politiche di tipo dirigista del nazismo, ma alla fine converge
nell'esaltare il ruolo aggressivo dell'economia nazionale. E comunque il
rapporto tra la Germania e il resto del territorio europeo è il
medesimo, e per finire mi pare che anche la psico-cultura del popolo
tedesco sia cambiata pochissimo rispetto agli anni '30. Il pogrom contro
la Grecia è stato accompagnato da una campagna di stampa in cui gli
stessi toni che negli anni '30 si usavano per parlare degli ebrei sono
stati usati per parlare dei greci. I contenuti dell'accordo-umiliazione
sono stati risparmiati ai lettori dei giornali tedeschi. E l'omogeneità
del ceto intellettuale non è dissimile dall'omogeneità del ceto
intellettuale tedesco negli anni di Goebbels. Poiché non esiste alcuna
legittimazione del ruolo tedesco di egemonia sull'Unione europea, questo
ruolo si esercita come nel 1941 con la forza, anche se la forza
finanziaria ha preso il posto della forza militare.
La reazione contro questa potenza colonialista non può venire dalla
sinistra, che ha perfino paura di riconoscere il ritorno
dell'aggressività tedesca, come se fosse un incubo che non si può
tradurre nelle forme del discorso politico. La sinistra ha perduto
legittimità e credibilità, e non ci sono le condizioni perché possa
ricostruirle. Di conseguenza questa reazione assumerà sempre di più il
carattere di movimento anti-coloniale, con un'accentuazione di elementi
sovranisti, nazionalisti, e anche fascisti.
Alla forza dell'astrazione finanziaria non può contrapporsi ormai altro
che la corporeità decerebrata dell'appartenenza. Da un lato i governi
fantoccio che rappresentano gli interessi del colonial-finazismo, Renzi
Rajoy Hollande, dall'altro le forze politiche nazionaliste che si
oppongono a questo dominio in nome dell'interesse nazionale, con
implicazioni anti-globaliste, e apertamente razziste.
Un terzo fronte non esiste, e dopo l'estate greca non è più proponibile.
Troppo a lungo abbiamo creduto che il problema fosse "più Europa
politica" più democrazia e simili baggianate, quando in effetti
assistevamo alla costituzione di un dispositivo assolutamente originale
di colonizzazione finanziaria. Il capitale globale doveva cancellare la
specificità europea del secolo operaio, e la specificità europea della
democrazia sociale e della solidarietà. Questa cancellazione è stata
realizzata con l'imposizione del modello ordo-liberista tedesco, e di
una dinamica di colonialismo finanziario che ha paralizzato e distrutto
ogni forma di solidarietà sociale, e realizzato un gigantesco
accentramento di risorse.
Nei giorni in cui scrivo queste note, il Ministro delle Finanze tedesco
propone la creazione di un'eurotassa, di un fondo comune alla cui
formazione deve concorrere la popolazione di tutti i paesi europei.
Nella storia della democrazia moderna vigeva il principio: "No taxation
without representation". Nessun potere decisionale rappresentativo
esiste in Europa, gli organismi che decidono sono completamente dominati
dal ceto finanziario tedesco. Dunque possiamo dire che quella proposta
da Scheuble non è una tassa, ma un prelievo coloniale che verrà imposto
manu militari. Probabilmente questo spiega perché lo stato
colonial-finazista ha scatenato nei mesi scorsi una vera e propria
campagna di terrore contro il popolo e il governo greco. La finalità di
quella campagna era creare le condizioni per imporre un prelievo forzato
sul continente colonizzato.
Diserzione disfattismo sabotaggio
Dovremo prendere posizione nella guerra che si va delineando, come
conseguenza di questa polarizzazione, nel contesto di una crescente
espansione del fronte di guerra Mediterraneo e dal fronte di guerra
russo? Credo di no, anche se capisco benissimo che spesso ci troveremo
di fronte all'alternativa tra colonial-finazismo e sovranismo
nazionalista e non sempre saremo in grado di evitare una scelta.
Credo che dovremmo abbandonare il piano stesso del discorso politico
come discorso sul potere, e sempre di più dovremo ragionare in termini
di cura e in termini di disfattismo attivo. Il nostro compito sarà
proteggere spazi esistenziali e culturali che ci permettano di preparare
le condizioni per il tempo successivo a quello della miseria e della
violenza in cui siamo entrati credo irreversibilmente. Il nostro compito
sarà creare spazi di sopravvivenza e sabotare la predazione coloniale e
la guerra.
Il problema sarà: quale dimensione e quale persistenza possono avere le
forme di sopravvivenza felice? In che misura potranno connettersi con
esperienze di rappresentanza istituzionale? In che misura potranno
prefigurare progetti per il dopo?
Qui si apre lo spazio per una riflessione su esperienze di finanza
locale come quella di Barcellona, su ipotesi come quella di Varoufakis, o
su un esperimento finanziario come Robin Hood, o sulla probabile
regolamentazione repressiva di Bitcoin cui apre la strada l'arresto di
Mark Karpeleis. Insomma, il problema della finanza come territorio di
sperimentazione potrebbe essere al centro della parte propositiva del
convegno.
Che senso ha
C'è una domanda finale che voglio porvi, ponendola a me stesso: per che
ragione (a parte comprensibili motivi professionali per alcuni di noi
che sono ricercatori o giornalisti o cose del genere) per che ragione
persistiamo nello sforzo di analisi critica e di immaginazione, quando
l'esperienza ci ha dimostrato che non c'è alternativa alla barbarie
capitalista, almeno per il tempo che possiamo prevedere?
La mia risposta è esitante e la formulo così: perché c'è un tempo che
segue il tempo che possiamo prevedere. E quel che noi possiamo vedere
non è che una frazione minima dello spazio del possibile. E il possibile
non coincide affatto con ciò che abbiamo il potere di realizzare.
Possibile e potere divergono, al punto che il potere mi appare come un
regime del visibile e dell'agibile costruito per rendere il possibile
invisibile e inagibile.
Torna qui prepotente - e tornerà sempre più prepotente nei prossimi anni
- la paradossale tenaglia della riduzione tecnica del tempo di lavoro
necessario, della crescita del tempo disoccupato e dell'imposizione di
lavoro come ossessione fondamentale del potere.
Quando mi chiedo: abbiamo noi un contributo da portare alla disperata
ricerca di una via d'uscita, c'è una ragion d'essere del pensiero
autonomo che noi (con molti altri certamente) incarniamo? la mia
risposta è sì, c'è una ragione. Noi siamo coloro che vedono ciò che la
macchina di accecamento rende invisibile: il lavoro salariato è una
superstizione, l'alternativa sta nel libero e pieno dispiegamento delle
potenzialità del sapere esistente. Questo nostro vedere appare oggi
un'allucinazione, un'illusione, un sogno. Non lo è. È il nucleo
concettuale che occorre salvare, oltre l'orizzonte della miseria, dello
schiavismo e della guerra civile planetaria.
Fonte: Megachip globalist
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