La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 7 agosto 2015

"Tradurre" in italiano Syriza

di Guido Liguori
Hanno fatto bene il mani­fe­sto e Norma Ran­geri ad aprire una sorta di tri­buna con­gres­suale in vista della costi­tu­zione di una nuova forza della sini­stra anti­ca­pi­ta­li­stica. I tempi sono più che maturi per la nascita di una for­ma­zione poli­tica che possa rap­pre­sen­tare una alter­na­tiva cre­di­bile al Par­tito demo­cra­tico di Renzi e a quella “sini­stra inver­te­brata” (la defi­ni­zione è di Perry Ander­son) che da troppi anni carat­te­rizza il nostro paese.
La Gre­cia e la Spa­gna dimo­strano che nella odierna crisi di ege­mo­nia (molto di più di una sem­plice crisi eco­no­mica) una pro­po­sta di cam­bia­mento forte, di pro­fonde «riforme di strut­tura», può incon­trare un ascolto e un con­senso di massa. Sta a noi oggi ren­dere pra­ti­ca­bile que­sta possibilità
Si parla spesso a que­sto pro­po­sito di una Syriza ita­liana. La sug­ge­stione è forte, per certi versi ine­vi­ta­bile, anche se non dob­biamo dimen­ti­care, gram­scia­na­mente, che non si tratta di copiare una espe­rienza nata in un con­te­sto diverso, quanto di «tra­durla» nella situa­zione nostra, pecu­liare, in cui dob­biamo operare.
Le stesse dif­fi­coltà di fronte alle quali si trova oggi Syriza ci dovreb­bero indurre a pre­stare più atten­zione alla ela­bo­ra­zione non solo di un pro­gramma di governo, ma anche di un “pro­gramma fon­da­men­tale”, che sap­pia dire quale è la società che auspi­chiamo e che, sia pure gra­dual­mente, vogliamo creare. Sarebbe un abbozzo di cul­tura poli­tica uni­fi­cante, un pas­sag­gio neces­sa­rio per durare: la nostra pro­spet­tiva non deve essere quella delle pros­sime ele­zioni, il patto fon­da­tivo che vogliamo sti­pu­lare deve avere una ambi­zione e un oriz­zonte molto più ampi.
Afferma giu­sta­mente Ran­geri che occorre oggi met­tere insieme più sog­getti poli­tici, sociali e cul­tu­rali. Come ho già scritto su que­sto gior­nale, ciò com­porta due scelte: la «dop­pia tes­sera», in modo da non chie­dere a nes­sun sog­getto esi­stente di scio­gliersi in modo trau­ma­tico (e lo dico da non iscritto ad alcun par­tito); e il prin­ci­pio «una testa, un voto», per non ripe­tere le fal­li­men­tari espe­rienze di tipo federativo.
È que­sta la via per avviare un pro­cesso di mesco­la­mento delle cul­ture e dei sog­getti che avverrà di fronte alle scelte poli­ti­che che ci si tro­verà ad affron­tare. Le divi­sioni che di volta in volta si pro­dur­ranno dovranno essere tra­spa­renti, non cri­stal­liz­zate, rispet­tose del prin­ci­pio di mag­gio­ranza: un «cen­tra­li­smo demo­cra­tico 2.0», poi­ché l’esistenza di cor­renti per­ma­nenti ha dato, nella sto­ria che abbiamo alle spalle, pes­sima prova di sé.
La nuova for­ma­zione poli­tica dovrà essere radi­cal­mente con­tro il sistema dei par­titi esi­stente, scrive giu­sta­mente Ran­geri. Chia­riamo subito che ciò signi­fica nes­suna col­la­bo­ra­zione col cen­tro­si­ni­stra imper­niato sul Pd, anche a livello locale. La nuova for­ma­zione poli­tica non dovrà essere costruita a par­tire da un «lea­de­ri­smo esa­spe­rato» (ancora Ran­geri), e dun­que dovrà avere un gruppo diri­gente gio­vane, arti­co­lato per ter­ri­tori, per cul­ture, per generi, che si assuma la respon­sa­bi­lità di avan­zare una pro­po­sta poli­tica su cui costruire una ade­sione che non signi­fi­chi assem­blea­ri­smo e ridi­scus­sione per­ma­nente delle scelte.
La nuova for­ma­zione poli­tica dovrà rap­por­tarsi in modo sta­bile a quelle forze che in tutta Europa lot­tano da tempo per la stessa alter­na­tiva al cen­tro­si­ni­stra e al Par­tito socia­li­sta euro­peo: deve cioè far parte del Par­tito della sini­stra euro­pea e ade­rire ai suoi gruppi par­la­men­tari di Strasburgo.
Non insi­sto sulle idee-forza che ci uni­fi­cano nell’immediato, altri inter­venti hanno già richia­mato impor­tanti ele­menti che andranno svi­lup­pati, ma che già ora costi­tui­scono un patri­mo­nio comune. Voglio con­clu­dere solo con due con­si­de­ra­zioni. In primo luogo, sarebbe sba­gliato se a que­sto pro­cesso di aggre­ga­zione non effi­mero si sot­traes­sero le com­pa­gne e i com­pa­gni che hanno di recente dato vita alla «costi­tuente comu­ni­sta». Liberi di per­se­guire la loro idea di par­tito, se la riten­gono oggi per­cor­ri­bile, ma lo fac­ciano senza per­dere di vista la neces­sità di rap­por­tarsi in modo sta­bile alle altre forze che si stanno uni­fi­cando a sini­stra del Pd.
In secondo luogo, si guarda oggi troppo poco alla nostra Costi­tu­zione repub­bli­cana, alla Costi­tu­zione del 1948. Una Costi­tu­zione pro­gram­ma­tica, che certo non va «imbal­sa­mata», ma che aveva e ancora ha in sé dei «germi di socia­li­smo» che sta solo a noi e alle nostre lotte saper far cre­scere e maturare.

Fonte: il manifesto

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