La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 8 agosto 2015

Questo non è un articololo sulla Grecia


di Ilaria Lucaroni
Ci abbiamo creduto! più come sentimento passionale che raziocinante (libertà per la Grecia? salto nel buio?), ma ci abbiamo creduto, ne avevamo bisogno, che fosse la scelta giusta o meno, quali fossero le soluzioni possibili, se eravamo davanti ad un gesto di democrazia o ad un lavarsi le mani delegando una scelta al popolo in odor di Pilato, per il momento era in secondo piano. Ci bastava solo vedere quelle persone a Piazza Syntagma a festeggiare il loro OXI. Cioè, meglio, diciamo che avevamo bisogno di crederci, una sorta di esercizio alla ribellione. Il dopo è relativo, ma d'altronde lo era anche il "pre".
Ne è valsa la pena?
Nello sproposito di articoli che si sono susseguiti nei giorni pre e post referendum, e tutti i vari accadimenti, si riconoscono due importanti correnti interne che ho definito i possibilisti europei, coloro che la soluzione è rimanere nell'Euro cambiando le istituzioni europee, gli esistenzialisti europei, ossia fuori dall'Euro prima di finire tutti vittime del TTIP Usa. Il punto di partenza è lo stesso: l'assurdo paradosso secondo cui almeno il 77% di tutti gli aiuti forniti alla Grecia tra maggio 2010 e giugno 2013 sono finiti al settore finanziario.
Nelle conclusioni del rapporto commissionato dal Parlamento greco, "la gestione della crisi è stata un fallimento come conseguenza del fatto che è stata affrontata come una crisi del debito sovrano, mentre in realtà era una crisi bancaria"(Baranes). Le politiche del quantitative easing della Bce hanno favorito questo passaggio di crediti, liberando il mercato finanziario privato del rischio di default. Perciò i mercati (nonché gli indici) finanziari si sono mostrati, non a caso, abbastanza insensibili al rischio di default greco. (Fumagalli)
Possibilisti europei
Il futuro, per i possibilisti, è un'Europa che cambia il suo volto a favore dei popoli più che delle potenze finanziarie. Bisogna stare nell'Europa l'alternativa è il caos economico e rischio di nuovi e catastrofici conflitti.
In questo caso Syriza è vista come la nuova sinistra europea che avanza. "Syriza è in realtà pericolosa, pone effettivamente una minaccia all'attuale orientamento della Ue - il capitalismo globale odierno non può permettersi un ritorno al vecchio stato sociale." La vittoria del No consente di mantenere vivo il tentativo di cambiare l'agenda economica europea.
Scenario ottimale possibilista: si riconosce la necessità della ristrutturazione del debito e si concede alla Grecia una prospettiva di più lungo periodo per far uscire l'economia greca dalla depressione con misure che non sono di osservanza liberista. I creditori rinunciano all'obiettivo economico di breve periodo di essere ripagati, e concedono alla Grecia di accompagnare alle politiche di offerta le politiche di sostegno alla domanda, quindi aiuti non vincolati alla svalutazione interna (Pini su Sbilanciamoci).
Probabilmente secondo l'ottica interpretativa di uno dei grandi protagonisti di questi tempi: Varoufakis e la sua proposta anti-memorandum per un processo di Europeizzazione Decentralizzata. L'idea è di europeizzare tre dei quattro principali pilastri delle politiche economiche: il settore bancario, una parte del debito pubblico, gli investimenti aggregati (tramite la Banca Europea per gli investimenti), e programma di lotta alla povertà. "Se europeizzeremo questi settori, i governi nazionali potranno gestire dei bilanci in modo equilibrato, senza troppe difficoltà, anche in caso di bilancia dei pagamenti esteri negativa (per esempio la Grecia o il Portogallo)".
La soluzione prevede una marcia indietro da parte delle istituzioni europee e una cooperazione per far ripartire l'economia greca. Soluzione perseguibile? Soluzione che conviene ai Paesi europei creditori? Zizek su Micromega afferma che ai vertici in realtà non si vuole che il debito venga del tutto ripagato. I finanziatori accusano i paesi indebitati di non mostrare sufficiente senso di colpa, li accusano di sentirsi innocenti.(...) Il vero obiettivo di prestare denaro ai debitori non è ottenere il rimborso del debito lucrando, ma perpetuare il debito a tempo indefinito, tenendo il debitore in perenne dipendenza e subordinazione. Esistono quindi debitori (le grandi banche) in grado di ricattare i creditori perché non possono permettersi di farle fallire, debitori che possono controllare le condizioni di pagamento del loro debito (il governo Usa) e, infine, debitori che possono essere maltrattati e umiliati (Grecia). Cosa è accaduto? accettazione da parte di Syriza dei dettami della Troika.
Esistenzialisti europei
Ossia coloro che non hanno mai visto in Syriza questo soggetto virtuoso volto del cambiamento. Sul suo blog Sergio Cesaratto pubblica la lettera di Stavros Mavroudeas, economista greco, che accusa Syriza di aver negoziato con l'UE, accettando così la logica e la struttura del programma della Troika. "Syriza ha fallito non solo strategicamente, ma anche tatticamente. Essa non ha intaccato la struttura profonda dello Stato che ha continuato ad essere gestita da funzionari obbedienti all'oligarchia e, come se non bastasse, Syriza li ha collocati in molte funzioni cruciali." Non solo non sono perseguibili linee di accordo soft con le istituzioni europee e il FMI, ma l'unica possibilità è uscire dall'Euro.
Un'interpretazione sul quale vale la pena riflettere si trova nel blog Orizzonte48 secondo cui Euro=Austerità, cioè non può esistere un'Europa buona. Quindi ragionare su una Europa senza austerity è mera demagogia.
Nel blog, riguardo la Grecia, c'è ben poco da fare: la Grecia è fallita, il no del referendum è stato solo mera retorica che in realtà ha già detto sì a quella nuova ondata di calo del PIL, e conseguenze. Unico scopo di Tsipras non è abbandonare, quella che Orizzonte48 definisce la camicia di forza dell'Euro, ma rinegoziare il trattamento del debito pregresso.
E l'Italia? L'assunto fondamentale da cui si parte nell'interpretazione di Orizzonte48 riguarda il fatto che per rientrare nei parametri dobbiamo alimentare il debito per i seguenti motivi:
a) sistema del co-finanziamento dei fondi europei, un paese che risulti in regola coi limiti del fiscalcompact (pareggio di bilancio), non può permettersi di spendere tutti i fondi europei con tempestività perchè ciò lo esporrebbe, a causa della spesa aggiuntiva obbligata dal cofinanziamento, a procedure di infrazione
b) anche se ciò non fosse, il semplice fatto di essere contribuenti netti (quindi in passivo) rispetto al bilancio UE, ci obbliga ogni anno, in media, a emettere 6 miliardi aggiuntivi di debito pubblico, finanziandolo attraverso tasse e tagli aggiuntivi. Cosa che non può avvenire per la Grecia, dove uscire dall'Euro si tradurrebbe in un disastro, in quanto già facilmente ricattabile per l'erogazione di fondi europei essendo "percettore" netto per oltre 2 punti di PIL.
"L'Italia, per il solo fatto di uscire dalla UE, e non solo dalla moneta unica, avrebbe un miglioramento non indifferente del proprio conto corrente con l'estero, strutturale e permanente; e per ottenere ciò, non occorrerebbe richiamarsi all'abusato (e incompreso) recesso ex art.50 TUE, cioè al recesso "politico", sine causa, ma, più utilmente, al recesso per la manifesta ricorrenza della clausola "inadimplenti non est adimplendum" o anche di quella "rebus sic stantibus" (artt.60 e 61 della Convenzione di Vienna; cfr; p.4)"
L'Italia, nella lettura di Orizzonte48, una volta uscita da monete e UE, all'interno di un'area doganale europea (interessi bilaterali di tutti), sarebbe fuori dal fiscal compact e dalla contribuzione ai fondi ESM, avrebbe titolo a riavere indietro i propri contributi già versati per l'ESM e l'ESFS (circa 142 miliardi, da sommare alla cessazione delle contribuzioni ancora dovute), oltre che la contribuzione al capitale della BCE. E soprattutto l'Italia eviterebbe di essere coinvolta nella conclusione del TTIP. Questo perché gli USA potrebbero venire incontro a Germania e Francia promuovendo una rottura "ordinata" dell'eurozona, ma solo se l'UE accettasse di legarsi al neo-vincolo del TTIP.
In ultimo, all'interno degli esistenzialisti europei c'è chi crede che comunque la Grecia, con politiche di controllo dei capitali, delle importazioni e una moneta libera dall'impossibilità di un cambio flessibile possa, dopo un periodo di sacrifici, uscire dall'Europa a testa alta.
Mi chiedo:
- è giusta o sbagliata l'interpretazione secondo cui nel nostro caso l'uscita dall'Euro significherebbe riconquistare la libertà di politiche economiche umane senza troppi scossoni, mentre la Grecia deve ormai governare il fallimento?
- c'è una forma di uscita dall'Euro per la Grecia senza provocare disastri irreversibili, soprattutto senza contare esclusivamente sulla magnanimità delle istituzioni europee e del FMI? una moneta parallela?
- moriremo tutti sotto il TTIP?
- esiste un'Europa buona?
- Syriza (e pensiamo anche a Podemos) è un fallimento su tutti i fronti o la luce della rinascita?
- le chiacchiere stanno a zero ed è arrivato il momento di gestire l'uscita dall'Euro?
- In queste continue liti a colpi di articoli e visioni sul ruolo della sinistra europea la Troika ottiene vantaggi da questo caos interno?
- e soprattutto: chi dovrebbe gestire l'uscita dall'Euro? ho già i brividi al solo pensiero!
Poi, nel frattempo, nel mezzo delle varie posizioni, ci sono le testimonianze in diretta. Vale la pena riportare alcuni passaggi di un articolo da Atene di Andrea Tringali su Effimera "I giorni a seguire (al referendum) siamo stati tutti in apnea, chi per paura della catastrofe, chi per paura chi per paura il governo avesse già gettato la spugna. Una miriade di articoli e di ipotesi venivano pubblicati e la confusione regnava sovrana. Giovedì notte è stata resa pubblica la proposta del governo ai creditori: avevano gettato la spugna. Domenica avveniva il massacro di Tsipras, di Tsakalotos, di Syriza, della sinistra e di ogni forma di speranza e di giustizia sociale. Domenica, Golia non ha solo schiacciato il pastorello con la sua fionda ma ha cancellato, una volta per tutte, il concetto di democrazia rappresentativa, ne ha dichiarato la morte clinica. (...) Un esempio, che prova il fatto che le bandiere i greci non le sventolano più, è stata la notte delle elezioni, quando ha vinto Syriza.
Quella notte non c'era una particolare gioia e attaccamento a Syriza da parte dei greci tanto da sventolare le bandiere del partito, i festeggiamenti erano piuttosto degli stranieri mentre i greci erano contenuti e preferivano aspettare. Le uniche bandiere che sventolavano in piazza erano quelle degli italiani di Rifondazione Comunista e dell'Altra Europa con Tsipras che cantavano a squarciagola "Bella Ciao", come se la storia si fosse fermata settant'anni fa."
Non è che a forza di vivere la "rappresentazione ideologica della crisi" ci dimentichiamo di strutturare soluzioni reali?

Fonte: megachip.info

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