La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 4 agosto 2015

I processi di ristrutturazione dei debiti come disputa geopolitica


di Ezequiel Adamovsky
Il 24 luglio il Comitato Ad hoc delle Nazioni Uniti sui Processi di Ristrutturazione dei Debiti ha concordato un insieme di “Principi” da trasmettere all’Assemblea Generale dell’ONU che dovrà approvarli a settembre. Questi Principi diverranno il nucleo del quadro legale multilaterale dei processi di ristrutturazione dei debiti da discutersi all’ONU l’anno prossimo. Se approvato, tale quadro sarà la prima normativa internazionale di disciplina delle bancarotte degli Stati, finora risolte da accordi privati tra Stati e creditori. In assenza di una normativa legale, fondi predatori contestano regolarmente tali accordi in tribunali amici locali, conseguendo così profitti straordinari a spese di nazioni sovrane e di creditori onesti. Ciò facendo essi colpiscono anche l’ordine finanziario globale.
Dei nove principi, il nono è chiaramente mirato a disarmare i fondi avvoltoio, visto che afferma che, se approvati da una maggioranza qualificata dei creditori, gli accordi “non sono colpiti, compromessi o altrimenti impediti da altri Stati o da minoranze non rappresentative di creditori, che devono rispettare le decisioni adottate dalla maggioranza dei creditori”.
Se i fondi avvoltoio sono il bersaglio evidente della prossima normativa, anche i paesi che dominano i mercati finanziari vedono pesantemente limitato il loro potere. Il quarto principio, intitolato “Imparzialità”, prescrive che le istituzioni e gli operatori coinvolti nell’elaborazione di ristrutturazioni di debiti sovrani dovrebbero “essere indipendenti e astenersi dall’esercitare qualsiasi influenza indebita sul processo o su altre parti interessate o dall’intraprendere azioni che diano origine a conflitti d’interessi o a corruzione o a entrambe le cose”. Il sesto stabilisce che “l’immunità sovrana” è “un diritto degli Stati superiore ai tribunali nazionali stranieri”. Il settimo e ottavo, infine, fanno riferimento alla necessaria “legittimità” delle istituzioni e delle operazioni relative all’elaborazione di ristrutturazioni di debiti sovrani e alla necessità di minimizzare i “costi economici e sociali” a carico delle popolazioni indebitate. Se attuati, questi principi colpiranno il dominio diretto delle potenze finanziarie – normalmente Stati Uniti e Regno Unito, dove operano le principali piazze finanziarie – sui paesi indebitati in corso di processi di ristrutturazione.
L’intervento dell’ONU è stato provocato dal caso dell’Argentina. Nel 2002 il paese ha dichiarato la maggiore insolvenza della storia mondiale. Dopo il 2005 lo stato argentino ha proposto un piano di ristrutturazione del debito che alla fine è stato firmato dal 93 per cento dei creditori privati. I detentori di obbligazioni hanno accettato rimborsi pari a circa il 30 per cento del valore nominale e condizioni di differimento dei rimborsi. Ma la maggior parte del residuo 7 per cento era stato acquisito da fondi predatori dopo il 2002 al fine di intentare causa. Con l’inestimabile aiuto di Thomas Griesa, un giudice locale del quartiere di Wall Street, sono riusciti a compromettere l’intera operazione. Griesa ha sentenziato che l’ordinaria clausola di pari passu inclusa nei titoli – che è intesa a garantire che tutti gli obbligazionisti siano trattati in modo uguale – significa che, poiché il 93 per cento dei creditori che ha accettato nuovi titoli per un importo minore sono rimborsati interamente del loro (nuovo) valore, allora il 7% che non gli ha accettati deve essere rimborsato per l’intero importo dei loro (vecchi) titoli. L’anno scorso ha anche sentenziato che l’Argentina paghi in contanti, immediatamente, il valore totale dei vecchi titoli.
Poiché l’Argentina si è rifiutata di rispettare l’ordine irrazionale del giudice, Griesa ha ordinato che nessuna banca sia autorizzata a canalizzare i rimborsi del paese ai suoi creditori. Essendosi la Corte Suprema rifiutata di accogliere appelli su questa materia, l’anno scorso l’Argentina ha sottoposto il caso alla Corte Internazionale dell’Aia, la corte l’ha accolto ma gli Stati Uniti hanno semplicemente ignorato il fatto. Contemporaneamente il governo argentino ha sollecitato le Nazioni Unite a discutere un accordo multilaterale sulla ristrutturazione dei debiti e il tema è ora in corso di valutazione. Gli Stati Uniti e alcuni dei loro alleati in Europa hanno votato contro la proposta iniziale – sostenuta dalla vasta maggioranza degli stati membri – e probabilmente lo faranno di nuovo a settembre e in votazioni successive. Sostengono che i debiti sono problemi tecnici che devono essere gestiti da istituzioni tecniche, come il FMI, piuttosto che da un organo politico come l’Assemblea Generale dell’ONU. E’ evidente che non si tratta di una questione di competenza: il FMI “tecnico” è controllato dagli Stati Uniti e dai loro alleati, mentre nella “politica” Assemblea Generale ogni paese dispone di un voto paritario.
Può sembrare un altro caso in cui l’ONU da sostegno morale alla parte più debole senza conseguenze pratiche. Ma può anche trasformarmi in qualcosa di più importante, poiché è divenuto un problema geopolitico. Non si tratta soltanto dell’Argentina o di altre nazioni indebitate non importanti. Non si tratta neppure solo della stabilità del sistema finanziario internazionale. La posta in gioco qui è il ruolo di leader globali degli Stati Uniti e dei loro alleati mentre il mondo ritorna a un sistema di una pluralità di potenze. Gran parte del sostegno alla lotta dell’Argentina contro i fondi avvoltoio e a favore della disciplina ONU delle ristrutturazioni dei debiti nasce da una preoccupazione più vasta circa la stabilità e la prevedibilità del sistema finanziario internazionale che a sua volta richiede un qualche genere di disciplina globale indipendente dagli interessi e dalle istituzioni di un singolo paese. Poiché tale paese non è altri che gli Stati Uniti non dovrebbe sorprendere che la nuova potenza finanziaria emergente, la Cina, stia attivamente appoggiando la proposta presso l’ONU e nei circoli diplomatici internazionali. E naturalmente non dovrebbe neppure sorprendere che questa proposta incontri grande resistenza da parte di operatori finanziari quali i fondi avvoltoio e le agenzie statunitensi di valutazione, ma anche da potenti forze politiche statunitensi, in particolare dai Repubblicani. Come ho già segnalato in un precedente articolo su TeleSUR, questo bivio è stato pubblicamente espresso dai giornali statunitensi un anno fa. A luglio 2014 il Wall Street Journal ha furiosamente dichiarato che, rifiutandosi di rispettare il giudice Griesa, l’Argentina ha contribuito alla maligna campagna dei “liberali” per “mettere le negoziazioni dei debiti nelle mani di una nuova burocrazia globale”. Ciò – ha aggiunto il giornale – “offrirebbe ai debitori e ai politici una leva maggiore a spese dei mercati finanziari e dei tribunali statunitensi” (“Argentina Dances With Default”, WSJ, 27 luglio 2014).
Ciò che è in gioco nel dibattito sulla regolamentazione dei processi di ristrutturazione dei debiti non è solo l’attività dei fondi avvoltoio e il potere dei mercati non regolati, ma anche la supremazia delle istituzioni statunitensi. In un contesto geopolitico diverso un’eventuale Risoluzione dell’Assemblea Generale sui processi di ristrutturazione dei debiti finirebbe come un’altra riga negli annali delle pie illusioni dell’ONU. Tuttavia, poiché dietro questa iniziativa ci sono non soltanto paesi indebitati ma anche la Cina e altri mercati emergenti, può trattarsi di un punto di svolta nel sistema globale.

Fonte: Znetitaly
Originale: TeleSUR English
traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2015 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

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