La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 4 settembre 2015

Caro Renzi, meno tasse per chi

di Giorgio Lunghini
Dieci anni fa sul tema delle impo­ste si fron­teg­gia­vano due mani­fe­sti. Sul primo Ber­lu­sconi pro­met­teva «Meno tasse per tutti»; il secondo, autore ignoto, recla­mava «Meno tasse per Totti» (cioè per i ric­chi). Oggi la discus­sione è pres­sap­poco allo stesso livello.
Circa la prima tesi si pon­gono due pro­blemi: come finan­ziare la ridu­zione delle impo­ste nel rispetto dei vin­coli di bilan­cio (aggiun­ge­rei: e senza sop­pri­mere quanto rimane dello stato sociale); e come rispon­dere — seria­mente — alle cri­ti­che di Bru­xel­les: ridurre le impo­ste sulla casa è con­tra­rio alle rac­co­man­da­zioni dell’Unione euro­pea, e il carico fiscale che grava sul lavoro e sui capi­tali dovrebbe essere spo­stato pro­prio sugli immo­bili. La fles­si­bi­lità sul defi­cit, d’altra parte, è già stata con­cessa la pri­ma­vera scorsa.
Quanto alla seconda tesi, c’è chi ogni tanto risco­pre la “Curva di Laf­fer”: se l’aliquota fiscale supera un certo livello le entrate fiscali dimi­nui­reb­bero, dun­que meno tasse per i ric­chi. È que­sta una tesi priva di fon­da­menti teo­rici, cara alla destra ame­ri­cana, e che ogni tanto viene risco­perta in Italia.
Con­tro tutte e due que­ste tesi i padri costi­tuenti, con il sobrio arti­colo 53, ave­vano già pre­di­spo­sto un ordi­na­mento tri­bu­ta­rio a un tempo ragio­ne­vole e effi­cace: «Tutti sono tenuti a con­cor­rere alle spese pub­bli­che in ragione della loro capa­cità con­tri­bu­tiva. Il sistema tri­bu­ta­rio è infor­mato a cri­teri di progressività».
Nell’Italia di oggi, una redi­stri­bu­zione del red­dito per via fiscale sarebbe ragio­ne­vole poi­ché è fuor di dub­bio che l’attuale distri­bu­zione del red­dito e della ric­chezza sia arbi­tra­ria e ini­qua, e che que­sta sia una tra le cause della crisi. L’Irpef è sì una impo­sta pro­gres­siva, ma l’aliquota mar­gi­nale mas­sima si ferma al 43% per i red­diti oltre i 75 mila euro, men­tre molti sono i red­diti supe­riori, e di molto, a que­sta cifra: il 5% dei con­tri­buenti più ric­chi con­cen­tra quasi un quarto del red­dito com­ples­sivo; e l’elusione e l’evasione fiscale non ven­gono com­bat­tute con gli stru­menti che in realtà sono disponibili.
Una redi­stri­bu­zione del red­dito sarebbe inol­tre effi­cace ai fini di una mag­giore cre­scita dell’economia, e per una ragione molto sem­plice. La pro­pen­sione mar­gi­nale al con­sumo è il rap­porto tra l’incremento del con­sumo e l’incremento del red­dito, e tale pro­pen­sione è per i ric­chi minore di quella dei poveri. Dun­que una redi­stri­bu­zione del red­dito mediante minori impo­ste sui più poveri e mag­giori impo­ste sui più ric­chi farebbe aumen­tare i con­sumi; dun­que farebbe aumen­tare il red­dito nazio­nale e dun­que l’occupazione: con un van­tag­gio per tutta la collettività.

Fonte: il manifesto

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