La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 4 settembre 2015

Politica economica, austerità, Europa ed MMT: quali soluzioni per l’Italia?

Intervista a Marco Veronese Passarella di Christian Dalenz
In questa intervista al prof. Marco Veronese Passarella, economista marxista e circuitista alla Facoltà di Economia dell’Università di Leeds, ci occuperemo dipolitiche economiche, della Modern Monetary Theory (MMT) e della questione eurexit . Qui la prima parte dell’intervista. Qui la seconda parte.
Come abbiamo ricordato nell’articolo in cui abbiamo sommariamente presentato la differenza tra i due paradigmi di scarsità e riproducibilità, i neoclassici tendono a non riporre molta fiducia nelle possibilità espansive nel bilancio dello Stato, anche perché sarebbero costretti a loro avviso o a trarre dalle tasse imposte sui cittadini, o a indebitarsi, cosa che comporterebbe però problemi di debito pubblico. Eppure lo Stato è generalmente possessore della propria moneta...
"Bisogna partire dalla priorità logica che la teoria dominante accorda all’offerta sulla domanda, ai risparmi sugli investimenti, ai depositi sugli impieghi.
Secondo i nessi causali “neoclassici”, l’offerta determinerebbe la domanda, perché più si produce, più si distribuiscono redditi e potere d’acquisto, e quindi maggiore sarà la domanda (è la vecchia Legge di Say); i risparmi vincolerebbero gli investimenti, perché per investire occorre aver accumulato un fondo di risorse prestabili; i depositi precederebbero logicamente gli impieghi, perché per poter prestare il sistema bancario dovrebbe accumulare depositi. Il paradigma della riproduzione critica rovescia tutti e tre questi nessi causali.D’altra parte, i modelli macroeconomici mainstream di nuova generazione accettano, sia pure solo in modo implicito e parziale, alcune di quelle critiche.
Sempre secondo la teoria dominante, se lo Stato cominciasse a spendere grazie ad un’apertura di credito della propria banca centrale [N.B. l’emissore della moneta], questo creerebbe inflazione. Inoltre, avverrebbe uno spiazzamento dell’iniziativa privata.
In realtà che questo processo crei inflazione è una sonora sciocchezza. Né ne vi alcun effetto spiazzamento. In presenza di risorse non impiegate (forza lavoro in particolare, ma anche beni intermedi), se lo Stato spende mette in moto il processo produttivo, o perché produce direttamente o perché acquista beni prodotti dal settore privato, stimolando perciò l’economia. L’emissione di base monetaria in questo caso è più che compensata dalla produzione di beni e servizi. Se poi la spesa pubblica porta ad un aumento del grado di utilizzo degli impianti o ad innovazione tecnologica, i prezzi potrebbero persino ridursi.« Il reddito di cittadinanza [argomento su Forexinfo.it affrontammo anche il prof. Andrea Fumagalli] potrebbe essere una misura di stimolo della domanda? »Il problema con il reddito di cittadinanza è che nella misura in cui sia rilevante e trovi applicazione diffusa, a meno di salti tecnologici non varrebbe ad aumentare l’offerta, a fronte di un aumento della domanda. Potrebbero dunque crearsi spinte inflattive dovuta alla maggiore capacità di acquisto dei sussidiati che finirebbe per favorire una redistribuzione del reddito dai sussidiati ai non sussidiati all’interno della classe salariata , lasciando immutata la distribuzione tra le classi. Ma soprattutto, in assenza di un piano del lavoro, rischia di generare esclusione sociale, cristallizzando i rapporti di produzione dati.« 
Un’altra possibile politica potrebbe essere un piano di lavoro garantito per chiunque voglia lavorare come proponeva l’economista Hyman Minsky...
»Dobbiamo renderci conto che la spesa pubblica è condizione necessaria, anche se non sufficiente, per riattivare la nostra economia. Il problema successivo è come intervenire sulla composizione della spesa, e in questo senso il piano minskyano di lavoro di ultima istanza è fondamentale. In certi settori chiave direi che occorre addirittura un datore di lavoro di prima istanza, forme di impiego di alta e altissima qualifica. Credo che già Keynes fosse perfettamente consapevole di quanto sia importante la composizione della spesa pubblica: se faceva esempi paradossali N.B. come la famosa ipotesi di scavare buche per farle riempire era per rompere l’ortodossia economica di allora.
Paesi come Italia, Spagna e Grecia sarebbero costretti a fare della spesa pubblica molto mirata, anche in assenza dei vincoli europei.« 
Sull’utilizzo massiccio di spesa pubblica attraverso emissione monetaria si spende molto una teoria economica diventata abbastanza nota negli ultimi anni, la Modern Monetary Theory (MMT).... 
»La MMT, di cui conosco uno dei principali teorici, Randall Wray, è una costola del pensiero postkeynesiano che in fondo dice cose relativamente note agli addetti ai lavori. Benché simpatizzi con i suoi sostenitori, non condivido la pressione sull’acceleratore in merito ad alcune questioni... per esempio sono in disaccordo sulla loro concezione della bilancia dei pagamenti come problema minoritario.
Fare spesa pubblica in deficit in un contesto in cui altri Paesi adottano politiche di austerità e l’economia mondiale si trova in una fase di rallentamento rischierebbe di accompagnarsi ad un disavanzo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti, aprendo la strada a possibili attacchi speculativi.
È vero che i vincoli che la Troika impone sono arbitrari, nonostante vengano presentati come naturali e inevitabili, ed è vero che vanno superati. Ciò però non significa che tali vincoli non esistano: con tali limiti dovremmo comunque fare i conti."
Cosa dovrebbe fare un Paese come l’Italia per attuare un piano di spesa pubblica importante?
«Dovrebbe uscire dall’Area Euro e dall’Unione Europea, dopodiché garantirsi per alcuni anni un surplus della bilancia dei pagamenti (a partire dal saldo commerciale) vista la difficoltà che il settore pubblico e quello privato avrebbero nel finanziarsi all’estero per un po’ di tempo, e anche per via di possibili ritorsioni…»
Ma non potrebbe essere una migliore idea cercare di coordinare le politiche degli Stati europei perché siano orientate alla spesa pubblica?
«Questo coordinamento non avverrà mai. L’Italia dovrebbe piuttosto pensare ad un piano di uscita dall’euro, anche considerando che siamo già in surplus commerciale. Per alcuni anni non potremo praticare una politica ultraespansiva, ma solo spesa mirata. Col tempo, si potrà però aumentare.»

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