La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 5 settembre 2015

L’immagine del bambino che ribalta la xenofobia

di Carlo Freccero
A par­tire dal dopo­guerra, l’opinione pub­blica non è più con­di­zio­nata dalla pagina scritta, ma piut­to­sto da imma­gini che, poste una dopo l’altra, rac­con­tano la sto­ria del Nove­cento. Pen­siamo al fal­li­mento da parte degli Usa della guerra in Viet­nam a causa delle crude imma­gini di guerra. Da cui la cen­sura visiva totale che ha col­pito la prima Guerra del Golfo, deno­mi­nata per­ciò «la guerra che non ha mai avuto luogo» ed infine ai foto­grafi embed­ded nella seconda, che dove­vano con­fe­rire al con­flitto una valenza eroica e patriottica.
Chiun­que poi si inte­ressi di pro­pa­ganda, sa che l’argomento «strage di bam­bini» sia per imma­gini, che per testi­mo­nianza scritta, rap­pre­senta l’argomento infal­li­bile per pie­gare l’opinione pub­blica alla pro­pa­ganda di guerra. Strage di bam­bini sono state attri­buite a Sadam Hus­sein e, più recen­te­mente ad Assad, per giu­sti­fi­care inter­venti bel­lici, altri­menti dif­fi­cili da giu­sti­fi­care. In breve tempo abbiamo rice­vuto due imma­gini che ribal­tano la xeno­fo­bia con­tro i pro­fu­ghi, sino ad oggi prevalente.

La prima è l’immagine della signora greca che piange abbrac­ciata al pro­fugo che ha appena sal­vato, rac­co­glien­dolo in mare. Lo schema è quello di una moderna pietà dove, come nella prima Pietà di Miche­lan­gelo, una donna gio­vane e bella sostiene il corpo abban­do­nato del figlio coetaneo.
Ma è la seconda imma­gine che ha influito più pro­fon­da­mente sul nostro imma­gi­na­rio. È l’immagine del bam­bino pro­fugo morto sul bagna­sciuga, inqua­drata a par­tire dalle scar­pette da bam­bo­lotto. Que­sta imma­gine è estre­ma­mente stra­ziante per­ché ritrae un bam­bino ipe­rin­fan­tile secondo gli schemi della psi­co­lo­gia visiva. Qui l’efficacia non passa attra­verso il disgu­sto e l’indignazione che un corpo mar­to­riato di bam­bino non può non comu­ni­care. Il cor­pi­cino è inte­gro e sem­bra dor­mire. È vestito all’occidentale e sem­bra uno di noi. Quello che pro­voca è tene­rezza e desi­de­rio di accu­di­mento. Siamo annien­tati per­ché non pos­siamo fare più niente per lui, pren­derlo in brac­cio, cul­larlo, por­tarlo in salvo come il nostro incon­scio vorrebbe.
È un raro caso di mes­sag­gio progressista.

Fonte: il manifesto

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