La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 5 settembre 2015

I sindaci di Podemos e della sinistra in pressing su Rajoy

di Jacopo Rosatelli
Un risul­tato lo hanno già otte­nuto. I sin­daci pro­gres­si­sti spa­gnoli, che si sono riu­niti ieri a Bar­cel­lona su invito di Ada Colau per il primo ver­tice delle «città per il bene comune», hanno «con­vinto» il pre­mier con­ser­va­tore Mariano Rajoy a cam­biare atteg­gia­mento di fronte alla crisi dei pro­fu­ghi. È soprat­tutto gra­zie alla loro pres­sione, infatti, che il governo ibe­rico ha final­mente accet­tato di fare la pro­pria parte nell’emergenza che sta scon­vol­gendo l’Europa, abban­do­nando il fronte dei Paesi della Ue che si oppon­gono alla sud­di­vi­sione per quote dei pro­fu­ghi. «La Spa­gna non negherà a nes­suno il diritto d’asilo», ha assi­cu­rato ieri Rajoy, che ha rice­vuto la visita del pre­mier bri­tan­nico David Cameron.
Nell’attesa che l’esecutivo con­cre­tizzi la pro­pria dispo­ni­bi­lità all’impegno in favore dei migranti, i muni­cipi gui­dati dalle nuove giunte di sini­stra plu­rale (con Pode­mos ma non solo) si stanno già dando molto da fare. Innan­zi­tutto creando una «rete delle città per l’accoglienza» allo scopo di scam­biarsi infor­ma­zioni e con­di­vi­dere «buone pra­ti­che».
E poi inve­stendo risorse: Madrid, dove sin­daca è Manuela Car­mena, ha desti­nato 10 milioni per le neces­sa­rie misure di aiuto ai pro­fu­ghi. L’obiettivo è chiaro: non farsi cogliere impre­pa­rati, ridurre il più pos­si­bile il disa­gio per i richie­denti asilo, ed evi­tare che si creino ten­sioni nei quar­tieri su cui le forze di destra (anche estrema) pos­sano spe­cu­lare. La sin­to­nia fra i sin­daci e il Paese sem­bra esserci: un’inchiesta di opi­nione resa nota ieri mostrava che oltre il 70% degli spa­gnoli è favo­re­vole ad acco­gliere le per­sone che fug­gono dalle guerre e dalla fame. E il mes­sag­gio di ben­ve­nuto ai rifu­giati è risuo­nato forte e chiaro anche nell’iniziativa pub­blica orga­niz­zata ieri sera in un cen­tro poli­spor­tivo del capo­luogo cata­lano, con tutti i sin­daci giunti a Bar­cel­lona: «Anche molti spa­gnoli dovet­tero abban­do­nare la pro­pria terra dopo la guerra civile».
Un evento, quello di ieri, con una forte carica sim­bo­lica, ma anche con grande signi­fi­cato poli­tico. È stata la rap­pre­sen­ta­zione della nuova Spa­gna alter­na­tiva all’asfittico bipar­ti­ti­smo Pp-Psoe, fon­data su un muni­ci­pa­li­smo pro­gres­si­sta che con­di­vide con Pode­mos la stessa matrice nel movi­mento degli indi­gna­dos. Ma è stata anche l’immagine di una pos­si­bile con­vi­venza di tutte le zone del Paese nel nome della giu­sti­zia sociale e non del nazio­na­li­smo cen­tra­li­sta: le cen­ti­naia di par­te­ci­panti hanno accolto con applausi i sin­daci di Sara­gozza, Pam­plona, La Coruña, San­tiago di Com­po­stela, e con auten­ti­che ova­zioni i primi cit­ta­dini di Madrid e Cadice. Una mani­fe­sta­zione indi­ge­sta tanto per Rajoy (e quei socia­li­sti che tifano per la «grande coa­li­zione» anche in Spa­gna) quanto per il gover­na­tore cata­lano Artur Mas, espo­nente dell’indipendentismo di centro-destra, social­mente affine ai con­ser­va­tori di Madrid. «La nostra è una rivo­lu­zione demo­cra­tica in mar­cia, fatta dalla gente comune», ha detto il vice­sin­daco di Bar­cel­lona, Gerardo Pisarello.
Che non ha nasco­sto le dif­fi­coltà dell’impresa. Anche per­ché i son­daggi mostrano che il Pp sta recu­pe­rando ter­reno, tanto che Rajoy sem­bra ormai deciso a indire le ele­zioni nell’ultima data legal­mente pos­si­bile, e cioè il 20 dicem­bre, con­vinto del fatto che il tra­scor­rere dei mesi porti acqua al mulino del suo par­tito. Il lea­der di Pode­mos, Pablo Igle­sias, non si mostra sco­rag­giato: «Non cre­devo ai son­daggi quando ci davano in testa, non ci credo ora che ci danno 10 punti sotto al Pp», ha dichia­rato in un’intervista alla radio Cadena Ser. Nel corso della quale è tor­nato anche a mostrare il pro­prio appog­gio ad Ale­xis Tsi­pras e a denun­ciare la poli­tica euro­pea nei con­fronti dei pro­fu­ghi: «Occorre aprire amba­sciate Ue in Siria e ovun­que neces­sa­rio per poter con­ce­dere visti uma­ni­tari alle per­sone che fuggono».

Fonte: il manifesto

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