La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 5 settembre 2015

La nausea

di Seila Bernacchi
Sì, ha fatto il giro del mondo la foto del bambino siriano di due anni arrivato morto sulle rive di Bodrum in Turchia. E’ un bambino, è cadavere, non si era distratto mentre giocava a fare il ‘morto a galla’, è morto cercando con la famiglia di avere una vita in terra.
L’immagine è sconvolgente e crea sgomento, indignazione, chiama anche in causa l’etica giornalistica del come narrare e approfondire i viaggi dei migranti e le loro sorti.
Ma il crescendo non dà maggior rilevanza umana e morale a quello che da mesi sta succedendo.
Sarà la foto e la morte di questo bambino a fare la differenza? Ci voleva questo? Una ripresa fotografica dell’abominio? Ci vuole davvero di vederlo quel corpo piccolo e abbandonato che presto si irrigidirà nella contrattura della morte?
Diventa simbolo di una disfatta tra eterni oppressi e indifferenti. Assomiglia al ragazzo davanti ai carri armati in Piazza Tien Ammen del 1989. Ci vuole un orrore che abbia una cifra aggiuntiva per smuovere cosa? Ci vuole la fotografia che immortala quello che “si sa già“?
E gli 800 migranti annegati solo ad aprile nel Mediterraneo di cui nessuno parla più mentre si rinvengono a fatica quelli del naufragio dell’ottobre 2013? Ci vuole di vedere i migranti marchiati a numero per puntare i riflettori sull’Ungheria e il suo piano di rimozione dell’umano che viaggia attraversando il ‘qui’?
L’assuefazione, sì, prevede che ci sia sempre un di più di orrido per dettare un movimento di reazione. Solo che a suon di salire la scala quello che si vede non ha più assolti.
Ma cosa ha in mente il nostro Premier quando in relazione a quella foto reagisce con voce quasi rotta con “L’Europa non deve perdere la faccia” ? Quale faccia ?
La faccia di quest’Europa è quella del ‘ciascuno a suo modo’ purché non arrivino: tra muri ungheresi e tunnel di frontiera franco –inglesi, tra rimpalli a Ventimiglia e sommosse in Grecia contro i migranti che affollano l’isola di Kos, tra le dichiarazioni del governo inglese per attuare indiscriminati respingimenti e i lacrimogeni nei confini balcanici, che lascia esplodere la storia tra Cala di Mineo e Lampedusa.
Questa faccia l’Europa dovrebbe perderla. Dovrebbe non averla avuta mai.
Ma le immagini “strapazzano l’anima”, dice Renzi, mentre qualche giorno fa al meeting di Comunione e Liberazione affermava che “esiste un bisogno di altro e di altrove nel mondo”.
Oh, sì che esiste questo bisogno. Esiste il bisogno di non sentire più argute sinestesie e mirabolanti allitterazioni per semplificare rozzamente fenomeni che non si ha la volontà politica di affrontare e gestire. Viaggi sicuri, corridoi umanitari, intervento delle Nazioni Unite, un indirizzo comune europeo che metta fuori gioco le strizzatine d’occhio dei pugni forti di turno.
E invece il gioco retorico ha la meglio sempre, ha la meglio comunque. Sciacallaggio e retorica sono ciò che offriamo in pasto all’opinione pubblica. Così bisogna rimarcare che un brutale omicidio a Catania è opera di un ospite del centro d’accoglienza e diamo voce alla rabbia disperata, legittima ma irrazionale, di una figlia che si sfoga contro “tutti” i disperati che sono arrivati nel nostro Paese e che attendono da reclusi stipati che qualcuno si occupi delle loro richieste d’asilo e di transito.
Si lascia che uno xenofobo razzista come Salvini presenzi quotidianamente nei talk show, sui telegiornali, sulle pagine dei quotidiani. L’argine è una twittata di 160 caratteri, l’imbarazzo a pronunciare la parola accoglienza, pavide richieste a un’Europa che sembra una cagna stanca da tempo di figliare buon senso e sputa fuori contingenti boati gastrici.
Non ci sono più parole buone per denunciare il declino, i popoli hanno aperto la pancia e sputano fuori l’intolleranza. Non sazierà la loro fame ma solo vomiterà la frustrazione di non contare, si appelleranno a un bisogno mio senza capire che non c’è singolarità che possa rivendicare giustizia al di fuori di un collettivo, verrebbe da dire universale, diritto.
Non ci sono parole buone, sale la nausea anche a scrivere. Non si è migliori, più bravi e umani mentre proviamo a dire che prima di chiudere la porta dovremmo guardare negli occhi chi bussa e vedere quanto ci assomiglia.
La Nausea. Scriveva Sartre a proposito “E’ dunque questa, la Nausea: quest’accecante evidenza? Quanto mi ci son lambiccato il cervello! Quanto ne ho scritto! Ed ora lo so: io esisto – il mondo esiste – ed io so che il mondo esiste. Ecco tutto”.
Fonte: Caratteri Liberi

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