La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 4 settembre 2015

«Prima i fiamminghi» Destra contro i profughi in Belgio

di Guido Caldiron
Una sorta di diritti di “serie B” da riser­vare agli stra­nieri che arri­vano nel paese. È que­sta la pro­po­sta avan­zata da alcuni espo­nenti del governo belga di fronte al forte aumento dei richie­denti asilo che tra luglio e ago­sto ha fatto regi­strare una cre­scita del 40% rispetto al 2014.
Dopo che anche a Bru­xel­les, nelle ultime set­ti­mane le auto­rità sono state colte alla sprov­vi­sta, con rico­veri di for­tuna insuf­fi­cienti rispetto agli arrivi, il dibat­tito sul tema ha rag­giunto toni esasperati.
E ha finito per met­tere in evi­denza tutta la debo­lezza di un ese­cu­tivo in cui risulta deter­mi­nante il ruolo dei nazio­na­li­sti fiam­min­ghi, spesso affini all’estrema destra del resto d’Europa. For­mato ad otto­bre dello scorso anno dopo la crisi del governo del socia­li­sta Elio Di Rupo, la vita del nuovo ese­cu­tivo di cen­tro­de­stra che ha scelto come pre­mier il libe­rale wal­lone Char­les Michel, pog­gia sul soste­gno della la Nieuw-Vlaamse Allian­tie, Nuova alleanza fiam­minga, forza di mag­gio­ranza delle Fian­dre, dove supera il 30% dei con­sensi che, insieme al mai sopito spi­rito indi­pen­den­ti­sta, pro­pone un mix di libe­ri­smo eco­no­mico, pro­te­zio­ni­smo sociale, ma solo per i fiam­min­ghi, e xeno­fo­bia “soft” che le ha con­sen­tito di svuo­tare il bacino elet­to­rale della destra radi­cale del Vlaams Belang, recu­pe­ran­done qual­che qua­dro poli­tico di rilievo.
Uno di que­sti è l’uomo che il par­tito fiam­mingo ha indi­cato come pro­pria prin­ci­pale pedina nella squa­dra di governo, il vice­pre­mier e mini­stro degli Interni Jan Jam­bon, cre­sciuto poli­ti­ca­mente nell’estrema destra. Lo scorso anno fecero scan­dalo alcune foto che lo ritrae­vano solo all’inizio del decen­nio tra gli ospiti di un mee­ting di Jean Marie Le Pen a Bru­xel­les o ad un incon­tro del Sint-Maartensfonds, l’associazione che riu­ni­sce gli ex col­la­bo­ra­zio­ni­sti delle Fian­dre con la Ger­ma­nia hitle­riana. Ed è a lui, insieme ad un altro espo­nente della N-VA, il segre­ta­rio di Stato all’Asilo, Theo Franc­ken, che spetta inter­ve­nire all’attuale emer­genza profughi.
Se già in pre­ce­denza Jan Jam­bon aveva susci­tato pole­mi­che annun­ciando il pro­getto, suo e del suo par­tito, di «rive­dere in senso restrit­tivo le norme sulla con­ces­sione dell’asilo poli­tico e dello sta­tus di pro­fugo», negli ultimi giorni l’esponente nazio­na­li­sta ha spie­gato come si debba riflet­tere bene «prima di con­ce­dere a chi arriva qui ogni sorta di coper­tura sociale» e come sia forse meglio pen­sare, que­sto in con­certo con il col­lega Franc­ken, ad uno «sta­tuto spe­ciale» che non offra ai rifu­giati le stesse chance di cui dispone un cit­ta­dino belga. Il tutto, con la con­si­de­ra­zione che «di fronte ad una crisi di que­ste pro­por­zioni, biso­gna pen­sarci bene prima di pro­met­tere il para­diso a chicchessia».
Per con­fer­mare che non si trat­tava di una spa­rata estiva, è sceso in campo anche il vero uomo forte del nazio­na­li­smo fiam­mingo e, si dice, pos­si­bile futuro lea­der del paese, il pre­si­dente della N-VA Bart De Wever che ha pre­fe­rito non entrare nella com­pa­gine gover­na­tiva, con­ser­vando il posto di bor­go­ma­stro di Anversa, un tempo bastione sin­da­cale e socia­li­sta, tirando da lì le fila della poli­tica nazio­nale. Secondo De Wever, quello di uno «sta­tuto sepa­rato», ma lui pre­fe­ri­sce defi­nirlo «spe­ci­fico», per i rifu­giati è l’unica solu­zione pos­si­bile se non si vuole che il wel­fare belga affondi meta­fo­ri­ca­mente sotto il peso dei bar­coni che arri­vano dalla sponda sud del Medi­ter­ra­neo. «Altri­menti, come fac­ciamo a spie­gare a chi ha pagato tutta la vita le tasse per man­te­nere il sistema che chi è rico­no­sciuto come rifu­giato arriva qui e da un giorno all’altro riceve un sala­rio, una casa e per­fino gli asse­gni famigliari?».
Pen­sare che a luglio, prima che i pro­fu­ghi diven­tas­sero il cuore del dibat­tito poli­tico anche in Bel­gio, aveva susci­tato grande emo­zione la fic­tion Le Mur (Il Muro) pre­sen­tata al festi­val di Bru­ges che rac­conta di un paese diviso in due tra una repub­blica wal­lone del sud e una fiam­minga del nord, impe­gnate in una guerra civile, e in cui gli abi­tanti delle zone “miste” devono por­tare sugli abiti dei segni distin­tivi della loro appar­te­nenza comu­ni­ta­ria, un po’ come le stelle gialle degli ebrei durante l’occupazione nazista.

Fonte: il manifesto

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