La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 4 settembre 2015

Per una nuova sinistra, fuori dalle «convergenze parallele»

di Vincenzo Vita
Il dibat­tito che ha rac­colto gli impor­tanti spunti di Norma Ran­geri (Un deca­logo per l’alternativa, il mani­fe­sto del 28 luglio) ha for­nito argo­menti e rifles­sioni utili. «Eppur non si muove», si potrebbe dire con disappunto.
L’evocato per­corso uni­ta­rio delle dif­fe­renti anime che si muo­vono in quell’istmo posto tra Pd e 5Stelle stenta.
E alle giu­ste invocazioni-evocazioni di prin­ci­pio — un passo indie­tro dei vec­chi gruppi diri­genti, il supe­ra­mento di ogni ten­ta­zione fede­ra­tiva alla moda antica, salto di qua­lità cul­tu­rale — non pare ancora seguire un per­corso determinato.
Inten­dia­moci. Gli appun­ta­menti autun­nali forse chia­ri­ranno. Spe­riamo bene. Tut­ta­via, è neces­sa­rio pro­cla­mare che «Il re è nudo»: con un simile approc­cio è dif­fi­cile che possa avve­nire l’auspicata «rot­tura epi­ste­mo­lo­gica», vale a dire il pas­sag­gio dalle spe­ranze mili­tanti alla ragion pura della Politica.
Per chi da tempo non crede più alla rifor­ma­bi­lità dall’interno del Pd (che ama­rezza il dibat­tito Cuperlo-Staino; ma in bocca al lupo ai gufi e ai dis­sen­zienti, alla vigi­lia del voto sulle «riforme»), ovvia­mente la ri-nascita di un sog­getto di sini­stra è attesa come la piog­gia dopo la sic­cità. Però, guai all’ennesima falsa par­tenza. E chissà se il ter­mine stesso «sini­stra» (nome logo­rato, di ben scarsa effi­ca­cia seman­tica) può avere ancora corso.
Inte­res­santi tanti spunti del Corso urgente di poli­tica per la gente decente di Juan Car­los Mone­dero, che è stato respon­sa­bile del pro­gramma di Podemos.
Vi sono que­stioni da non rimuo­vere e che atten­gono al senso pro­fondo dell’agire futuro, affin­ché la nuova miscela non con­tenga muffe e sco­rie precedenti.
Le imma­gini di morte che ci ven­gono rese quo­ti­dia­na­mente dai media ci rac­con­tano la tra­ge­dia di una migra­zione sto­rica, che ci inter­pella sulla geo­po­li­tica del mondo e sulle insuf­fi­cienze abnormi anche di una sini­stra tutta chiusa e nazio­nale. E poi. Per­ché non si for­ni­sce — se non di sfug­gita e spesso per dovere di uffi­cio — qual­che rispo­sta ai motivi che hanno ridotto la sini­stra ai minimi ter­mini? Com­plotti? Destino cinico? C’è da dubitarne.
L’origine sta nella debo­lezza ana­li­tica sui carat­teri del Capi­tale nella ver­sione con­tem­po­ra­nea e, quindi, sulla mor­fo­lo­gia sociale affer­ma­tasi dopo l’epoca del for­di­smo. Que­stione di lunga incubazione.
E’ dalla crisi seguita alla «svolta» del 1989 che si pro­cede a vista, senza una visione e una stra­te­gia alter­na­tive. Non sarà un caso se l’intera nomen­cla­tura dei pro­getti si è rive­lata alla lunga ina­de­guata: sia sul ver­sante mode­rato sia su quello cosid­detto radicale.
Il Pd gui­dato da Renzi, al di là degli impro­ba­bili richiami a Blair (altra sta­gione, altra società, ora final­mente pure altri pro­ta­go­ni­sti come Cor­byn), ha ben poco a che fare con lo spi­rito dell’Ulivo o dello stesso par­tito all’atto della fon­da­zione, essen­dosi ormai sta­bil­mente col­lo­cato in un’area con­ser­va­trice (scuola, lavoro, Rai, tri­vel­la­zioni, e così via) e ammic­cando alle sug­ge­stioni auto­ri­ta­rie — il com­bi­nato dispo­sto di Ita­li­cum e ridu­zione ad orga­ni­smo senza poteri e rap­pre­sen­tanza del Senato.
E’ una deriva volta al peg­gio, essendo l’unica pos­si­bi­lità di soprav­vi­venza di una lea­der­ship che sa di poter «gua­da­gnare» solo alla sua destra. E che si assi­cura il sal­va­con­dotto gra­zie a feudi locali intoc­ca­bili, tal­volta al di sotto del minimo di mora­lità. Il patto del Naza­reno è un mix di arro­ganza e impo­tenza. Una meta­fora della nor­ma­lità del tra­sfor­mi­smo. L’equiparazione di ber­lu­sco­niani e anti­ber­lu­sco­niani non è un’intemperanza ver­bale, bensì il disve­la­mento della voglia di abro­gare ogni conflitto.
La casa delle sini­stre è in corso d’opera, ma la virata ope­rata — tra gli altri — da Civati, Cof­fe­rati e Fas­sina non ha ancora por­tato a una com­piuta rot­tura della con­ti­nuità. Però è un passo.
Come è asso­lu­ta­mente signi­fi­ca­tiva la dispo­ni­bi­lità a rige­ne­rarsi di Sini­stra, eco­lo­gia e libertà; come quella delle anime che hanno costi­tuito la Lista Tsi­pras. In zona con­ti­gua si muove la coa­li­zione sociale pro­mossa da Lan­dini. E riap­pare tal­volta pro­prio lo spi­rito dell’Ulivo. Non­ché i movi­menti, che poco piac­ciono al presidente-segretario.
Ma siamo alle «con­ver­genze paral­lele»? Per­ché non fare del lan­cio degli 8 refe­ren­dum da parte di Pos­si­bile un’occasione di con­fronto e di mobi­li­ta­zione? Del resto, la «società liquida» e l’esaurimento delle gerar­chie ver­ti­cali ren­dono attuale e ine­vi­ta­bile lo stru­mento refe­ren­da­rio, da pra­ti­care nella fine­stra giu­sta, non ex post. Per inciso: sui refe­ren­dum è calato un silen­zio media­tico inquie­tante. Vogliamo fare un para­gone con la coper­tura accor­data agli argo­menti di destra e xeno­fobi della Lega?
Meno cer­tezze, umiltà e dispo­ni­bi­lità all’ascolto. Senza pre-concetti. Il rap­porto con il M5S va pra­ti­cato, in quanto lì si orienta un numero cospi­cuo di sim­pa­tiz­zanti ed elet­tori di ciò che chia­mammo sini­stra. E forse lì qual­che disgelo è in atto. Le ambi­guità — vedi innan­zi­tutto il tema dei migranti — vanno con­tra­state, sapendo che la par­tita si può ria­prire tes­sendo una tela com­plessa e tut­tora fra­gile. Hic Rho­dus, hic salta. Cer­ta­mente, però, non basta.
Tor­niamo al cenno ini­ziale. Serve una cul­tura poli­tica alter­na­tiva, crea­tiva e con­sa­pe­vole dei lin­guaggi e della seman­tica dell’era della rete. Il capi­ta­li­smo cogni­tivo prende il soprav­vento e il mono­po­lio dell’economia digi­tale è appan­nag­gio di pochi gruppi come Goo­gle, nel cui for­ziere sta l’algoritmo della conoscenza.
Chi si occupa di que­ste cose? Qui den­tro passa anche un’altra Europa, diversa dalla ver­sione oli­gar­chica che ha messo in ginoc­chio la Gre­cia. Troika cat­tiva, Tsi­pras va soste­nuto. Se si perde là, di che vogliamo par­lare? Insomma, una sini­stra nuova — per usare ancora per un po’ il ter­mine — ri-nasce se ha lo sguardo sul mondo (le guerre; e le alleanze, la Nato: tabù?) e se accetta la sfida glo­bale della migra­zioni dive­nendo essa stessa sovranazionale.
Ottima la pro­po­sta di Valen­tino Par­lato di «coor­di­nare» il mez­zo­giorno d’Europa (il mani­fe­sto, 23 luglio). Ed è lecito ragio­nare sul senso stesso dell’odierna Unione euro­pea, il con­tra­rio esatto dell’ispirazione di Spi­nelli. Oltre tutto, l’attuale Pse è una con­tro­fi­gura pal­lida e sfuo­cata dell’esperienza socia­li­sta. E’ come uscito di scena. E tutto ciò che ha verve e futuro non passa nei luo­ghi della socialdemocrazia.
Pen­siamo in grande, anche se siamo ancora pic­coli. Solo così non ci estin­gue­remo lentamente.
Del resto, la sto­ria pro­cede per salti. La borsa cinese ci ricorda che non ridono né Atene né Sparta. La crisi ha biso­gno per la stessa eco­lo­gia del sistema di un rag­gio di sole. Estote parati.

Fone: il manifesto

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