La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 3 settembre 2015

Vite in movimento con la vita in palio

di Guido Caldiron
L’orrore si fa largo d’improvviso. Assume la forma di una scarpa da donna che gal­leg­gia in mezzo al mare o delle sagome scure che baga­gli abban­do­nati alla deriva pro­iet­tano sull’acqua, nel mede­simo cen­tro di niente, nel cuore oscuro del Medi­ter­ra­neo, là dove il blu pro­fondo si tinge di un nero dispe­rato. Ma bastano pochi minuti per ren­dersi conto che la tra­ge­dia che si è appena con­su­mata cela, se pos­si­bile, qual­cosa di ancor più sini­stro. È solo gra­zie all’allarme lan­ciato troppo tardi dall’imbarcazione sti­pata di pro­fu­ghi che si è rove­sciata a poche miglia dalle coste ita­liane che il pesche­rec­chio su cui viag­giano cen­ti­naia di siriani lungo la stessa rotta sarà tratto in salvo. «Dob­biamo la vita a quei morti», si sco­prirà a pen­sare scon­volto uno di que­sti ultimi una volta messo piede su una spiag­gia della Sicilia.
L’idea che il loro viag­gio possa ter­mi­nare con la morte, dopo mesi pas­sati alla mercé di ogni sorta di traf­fi­canti e poli­ziotti cor­rotti, domina l’orizzonte in cui si muo­vono il gruppo di gio­vani siriani che il gior­na­li­sta tede­sco Wol­fgang Bauer ha seguito lungo il com­plesso iti­ne­ra­rio che muove dalle coste dell’Egitto per con­clu­dersi dap­prima nel nostro paese e poi nel nord Europa.
Ma ciò che rende dav­vero pre­ziose le testi­mo­nianze rac­colte da Bauer in Al di là del mare, pub­bli­cato in que­sti giorni da la Nuova fron­tiera (pp. 160, euro 12,00), tra­du­zione di Angela Ricci, e che fa di que­sto libro un docu­mento uti­lis­simo per com­pren­dere appieno il signi­fi­cato della migra­zione di massa che carat­te­rizza il nostro tempo, è il carat­tere tutto affatto straor­di­na­rio di ciò che rac­conta, la dram­ma­tica, e per que­sto forse ancor più ter­ri­bile, «nor­ma­lità» delle sto­rie e delle vicende che descrive. «Il Medi­ter­ra­neo è insieme la culla dell’Europa e il tea­tro del suo più cla­mo­roso fal­li­mento», spiega il repor­ter. Per coloro che sono costretti a viag­giare senza docu­menti, o con docu­menti con­traf­fatti per elu­dere che­k­point e bar­riere, il mondo cir­co­stante appare come il «nega­tivo foto­gra­fico della realta (…) il nero è bianco e il bianco è nero». Le con­di­zioni che spin­gono neces­sa­ria­mente i migranti e i pro­fu­ghi nell’illegalità non sono il rove­scia­mento del nostro stile di vita, solo la sua imma­gine al nega­tivo: la realtà è la medesima.
La vita in palio
Repor­ter di razza, che da cro­ni­sta embed­ded ha in pas­sato rac­con­tato degli abusi com­piuti dai sol­dati ame­ri­cani in Afgha­ni­stan, Bauer ha cono­sciuto alcuni degli uomini dei quali ha poi deciso di seguire le tracce anche nel loro ten­ta­tivo di giun­gere in Europa — Amar, Alaa, Hus­san e Bashar, ma i nomi sono di fan­ta­sia — quando copriva per la Zeit la rivolta di piazza con­tro Assad e il debutto della guerra civile siriana. Ha stretto legami e ami­ci­zie che ha ritro­vato un paio d’anni più tardi al Cairo, in uno dei paesi che insieme a Tur­chia e Gior­da­nia ha accolto il mag­gior numero di rifu­giati fug­giti da Dama­sco. Non si tratta degli «ultimi»: que­sti siriani fug­gono sì da guerra e distru­zione, ma nel loro paese erano spesso com­mer­cianti di suc­cesso, lavo­ra­vano nel cele­bre bazar della capi­tale. Sem­pli­ce­mente quello dell’ingresso irre­go­lare in un paese dell’Unione Euro­pea è l’unico modo che hanno per ten­tare di costruirsi una nuova esi­stenza: se andrà bene, si faranno rag­giun­gere dalla fami­glia rima­sta in Egitto. In migliaia ten­tano ogni set­ti­mana la sorte in que­sto modo, affron­tando un viag­gio dove in palio c’è la vita stessa, ma che nel luogo di par­tenza come in quello dell’auspicato arrivo, sem­bra rispon­dere a delle regole, per quanto implacabili.
«Il traf­fico di esseri umani in Egitto ha una strut­tura non troppo diversa da quella dell’industria turi­stica, — rac­conta Bauer — Tutto il paese è dis­se­mi­nato di punti ven­dita, gestiti dai cosid­detti agenti. Ai clienti danno a inten­dere di ser­virsi solo dei migliori sca­fi­sti, la verita e che non ne hanno molti a dispo­si­zione». La «tra­ver­sata» costa intorno ai tre­mila dol­lari: «si pos­sono tro­vare offerte migliori o peg­giori, ma alla fine non c’e dif­fe­renza tra prima e seconda classe, si fini­sce tutti nello stesso barcone».
Ma, nota ancora il gior­na­li­sta, in modo pres­so­ché sim­me­trico all’azione degli sca­fi­sti e dei traf­fi­canti di esseri umani, agi­scono ovun­que lungo i con­fini meri­dio­nali della Ue, le forze dell’ordine e i mili­tari. «Le zone di con­fine che i guar­diani delle porte dell’Europa riten­gono piu peri­co­lose, per i pro­fu­ghi sono quelle più sicure. La mili­ta­riz­za­zione dei con­fini euro­pei ha costretto i traf­fi­canti di clan­de­stini a intra­pren­dere tra­gitti sem­pre piu rischiosi. Ogni tra­ge­dia in cui qual­che pro­fugo muore viene presa come pre­te­sto dalle auto­rità per ren­dere i con­fini ancora piu «sicuri», uffi­cial­mente per impe­dire che muo­iano altre per­sone. Ma ogni ulte­riore for­ti­fi­ca­zione delle fron­tiere non fa che cau­sare nuovi morti».
Den­tro e fuori la prigione
Celando la pro­pria iden­dità die­tro a quella di due inse­gnanti di inglese pro­fu­ghi da una repub­blica cau­ca­sica, Wol­fgang Bauer e il foto­grafo Sta­ni­slav Kru­par si sono uniti al gruppo di siriani del Cairo. Entrati in con­tatto con i traf­fi­canti sono stati tra­sfe­riti ad Ales­san­dria dove hanno atteso per oltre un mese il momento della par­tenza, spo­stati da un rifu­gio improv­vi­sato ad un altro, ven­duti e scam­biati da diversi clan con­cor­renti della bal­ta­giya, la mafia locale che pro­spera sui pro­fu­ghi, sul traf­fico di droga e sulla pro­sti­tu­zione. Dopo diverse false par­tenze, quando il loro viag­gio era appena ini­ziato, la loro imbar­ca­zione è stata inter­cet­tata dai guar­dia­co­sta egi­ziani. I due euro­pei sono stati arre­stati e espulsi alla volta della Tur­chia, men­tre i siriani hanno pas­sato alcuni mesi in cella prima di essere libe­rati e ten­tare nuo­va­mente la sorte.
Qual­che mese più tardi, Bauer, con­tat­tato da alcuni dei suoi amici che erano final­mente riu­sciti a rag­giun­gere la Sici­lia, li ha rag­giunti nel nostro paese per aiu­tarli ad entrare in Austria per quanto privi di docu­menti. Nuo­va­mente arre­stato, sta­volta con l’accusa di traf­fico di esseri umani, subito caduta, il cro­ni­sta ha però saputo che alcuni di loro erano final­mente riu­sciti a rag­giun­gere la tappa finale del loro viag­gio, la Sve­zia. «Accade così che il gior­na­li­sta che scri­veva arti­coli sui traf­fi­canti all’improvviso si tra­sformi in un traf­fi­cante», scrive Bauer, spie­gando come di fronte a leggi che «non fanno altro che oppri­mere la gente e ren­dere la società peg­giore», sia giu­sto ribel­larsi e ten­tare di far «attra­ver­sare l’Europa a per­sone prive di docu­menti di viag­gio validi e di visto». Tutto que­sto, ha poco a che fare con l’eroismo: «Si tratta essen­zial­mente di non per­dere il rispetto per se stessi».

Fonte: Il manifesto

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